Buona domenica,
come stai? Oggi ho un bel po’ da raccontarti e consigliarti. Iniziamo subito con un salto indietro nel tempo!
Foto di Terri Sharp da Pixabay
Era il 1973…
Era il 1973 quando l’etologia, lo studio del comportamento animale, riuscì ad arrivare fino ai Nobel. Quell’anno il Nobel per la medicina e la fisiologia fu assegnato a Konrad Lorenz, Nikolaas Tinbergen e Karl von Frisch, tre scienziati che sono stati decisamente i pionieri della disciplina.
Lorenz (autore di un libro che DEVI leggere, L’anello di Re Salomone) ottenne il riconoscimento per i suoi studi sull’imprinting, una forma di attaccamento che si verifica dopo la nascita e fa sì che un individuo concentri il proprio interesse su un particolare oggetto o un altro essere vivente a cui è esposto, sviluppando una preferenza che durerà per tutta la vita. Le sue scoperte scaturirono soprattutto dall’osservazione delle oche selvatiche e dalla sua esperienza con l’oca Martina, che vide proprio lui appena sbucata dall’uovo. Lo scienziato divenne così la sua “mamma” fino a quando Martina non giunse all’età adulta.
Tinbergen vinse il Nobel grazie alla sua analisi delle strutture percettive e motivazionali del comportamento animale, di cui evidenziò le regolarità mediante una sperimentazione sistematica e innovativa. Sono sue le 4 domande che si dovrebbero utilizzare per descrivere e comprendere un comportamento:
quali sono gli stimoli che fanno sì che l’animale manifesti quel comportamento? (causa)
come il comportamento osservato aiuta l’animale a sopravvivere? (funzione)
come cambia quel comportamento con l’età? (sviluppo)
come si è evoluto quel determinato comportamento? (evoluzione)
E arriviamo a Karl von Frisch, il protagonista indiretto della newsletter di oggi. Lo zoologo austriaco fu insignito del riconoscimento per i suoi studi sul linguaggio delle api e, in particolare, per aver scoperto la loro danza dell’addome.
Voglio vederti danzare
Prendo in prestito il titolo di una famosa canzone di Franco Battiato per introdurti alla danza dell’addome delle api (in inglese waggle dance).
La danza dell’addome è il modo in cui le api operaie comunicano alle altre abitanti dell’alveare la posizione di una risorsa (nettare, polline, propoli e acqua): si muovono seguendo una sorta di percorso a forma di 8 agitando, per l’appunto, l’addome. Le caratteristiche della coreografia hanno un significato ben preciso in termini di informazioni: l’ape si posiziona perpendicolarmente al Sole verso la fonte di cibo, dimostrandone così la direzione e ballerà tanto a lungo quanto è lontano il luogo che sta indicando. Ci sono anche indicazioni sulla qualità delle risorse, valutate in relazione alle necessità della comunità e delle precedenti esperienze della danzatrice, e sono date attraverso il numero e la velocità delle ripetizioni.
Se non ne avevi mai sentito parlare prima, posso immaginare il tuo stupore. E non finisce qui. Il buon Karl von Frisch ci aveva raccontato che la danza dell’addome era un comportamento innato, istintivo, scritto nel DNA delle api. Gli scienziati nel corso degli anni hanno, però, continuato a domandarsi se non vi fosse anche una parte appresa, imparata da altri individui della colonia. Del resto le api sono animali sociali…
A scuola di ballo
Le prime risposte sono arrivate il 10 marzo di quest’anno e hanno meritato la copertina di Science.
Secondo la ricerca pubblicata dagli scienziati del Tropical Botanical Garden di Kunming, in Cina, e della University of California San Diego, le giovani api operaie trascorrerebbero alcuni giorni a osservare le più anziane esibirsi nella danza dell’addome per perfezionarsi prima delle loro prime performance.
Come lo hanno dimostrato? Gli autori dello studio hanno realizzato degli alveari con api di un giorno, che non avevano mai visto una danza dell’addome, e alveari abitati sempre da giovani api ma in compagnia di quelle con più esperienza. Le strutture sono state posizionate a 150 metri da un abbeveratoio con acqua zuccherata: in questo modo gli sperimentatori avevano un’idea abbastanza precisa di come le api avrebbero dovuto danzare per passare le informazioni alle altre colleghe.
Il gruppo di ricerca ha poi osservato la prima esibizione e le performance avvenute dopo altri 20 giorni da parte delle giovani operaie in entrambe le tipologie di colonie.
Le prime danze delle api nelle colonie di sole giovani mostravano una sovrastima della distanza della fonte di cibo, erano meno accurate nella comunicazione della direzione e apparivano più disordinate rispetto a quelle della api che avevano potuto guardare le api più grandi.
Dopo altri 20 giorni, quando entrambi i gruppi avevano accumulato un maggior numero di esperienze, le api delle colonie di sole giovani erano riuscite a diminuire gli errori nella direzione e le loro coreografie erano meno caotiche, ma si mostravano sempre meno precise delle api che avevano potuto osservare la danza nelle operaie più grandi. Inoltre gli errori nell’indicazione della distanza non sono stati mai più recuperati nel resto della loro esistenza.
La danza dell’addome è quindi, almeno in parte, legata a una forma di apprendimento sociale, in cui un individuo impara osservando o interagendo con altri. Un po’ come succede nell’apprendimento del linguaggio per gli umani: abbiamo la lallazione dei bambini che, con l’ascolto degli adulti nella giusta fase dello sviluppo, pian piano si trasforma in una comunicazione orale sempre più precisa nei suoni e nei contenuti.
Qualcosa da…
… leggere
🔍L’articolo divulgativo sullo studio pubblicato su The Conversation.
🐝Un approfondimento che ti farà scoprire quanto sono straordinarie le api. Lo trovi su Aula Di Scienze Zanichelli.
Oggi, prima di lasciarti alla tua domenica, vorrei anche parlarti di due piccoli libricini che mi sono capitati tra le mani un po’ di tempo fa. Sono I segreti della Natura e Gli animali non mangiano pastasciutta di Manuela Mariani, naturalista e guida del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, con le illustrazioni di Ilaria Scartabellati, anche lei naturalista.
Io non bazzico molto la letteratura per i più piccoli però questi due libricini, per lettrici e lettori dai 7 anni in su, mi hanno colpita fondamentalmente per 3 motivi:
non sono banali. Le informazioni, ben intessute nelle divertenti rime del testo, ci parlano di animali, natura ed evoluzione in maniera semplice e accurata (e anche mooolto godibile per un adulto che vuole imparare qualcosa in più);
entrambi i libri sono scritti con un carattere ad alta leggibilità che aiuta chi soffre di dislessia;
attraverso le illustrazioni e le parole di questi libri si riesce a respirare tutta l’esperienza educativa ed emotiva di chi lavora per la divulgazione di un museo di storia naturale. Quel bagaglio fatto sì di conoscenza, ma anche di interazione con persone diversissime tra loro, di riflessione sulle domande “improbabili” dei più piccini: quei quesiti che ti lasciano interdetta e ti spingono ad approfondire e a limare il tuo linguaggio per far breccia nella curiosità di una bambina o di un bambino che magari, proprio grazie a quella visita in museo, deciderà di dedicare il suo futuro alle scienze naturali.
Anche per oggi è arrivato il momento di salutarci.
Alla prossima,
Alessia