Cosa è successo ai cani di Chernobyl?
[Foglie sparse #67] Lo studio su Science Advances e qualche lettura a tema
Buona domenica!
Qualche giorno fa è stata pubblicata su Science Advances una ricerca che tratta due temi a me molto cari: i cani liberi sul territorio e la radioattività. Ti chiederai: ma come?!? La radioattività? Qualche vita fa mi occupavo di metodi di datazione che si basavano sul decadimento radioattivo di alcuni isotopi. Insomma, per i tre anni del dottorato questo è stato il mio pane quotidiano (ho anche pubblicato un articolo scientifico).
Ciò che mette insieme cani e radioattività (e anche serie televisive, altra mia grande passione) è l’incidente avvenuto nella centrale nucleare di Chernobyl nel 1986.
Foto di Gáspár Ferenc da Pexels
Una scena tragica
Nel 2019 viene distribuita Chernobyl, probabilmente una delle serie migliori scritte e realizzate degli ultimi anni. Le puntate raccontano dell'esplosione all'interno del reattore 4 della centrale nucleare di Chernobyl, avvenuta il 26 aprile 1986, e degli incendi che hanno interessato l’area per 10 giorni, rilasciando grandi quantità di isotopi radioattivi che si diffusero — seguendo le correnti e altri fenomeni meteorologici — in Ucraina, Bielorussia, Russia, altri Paesi europei e anche in Nord America.
Una delle scene di cui più si parlò quando la serie andò in onda riguardava gli animali domestici. L’area intorno alla centrale, compresa in un raggio di 30 chilometri (quella che viene detta la zona di alienazione), fu fatta evacuare e le famiglie vennero costrette a lasciare lì i propri compagni animali. Il Ministero degli affari interni ucraino ordinò, quindi, di abbatterli per evitare una potenziale diffusione della contaminazione radioattiva.
Ero molto indecisa se inserire questa scena (Il Post mi ha fatto coraggio). Ti avviso: se sei sensibile meglio non guardare.
Tornando alla realtà, sembra che alcuni di quei cani siano riusciti a salvarsi e a scappare via. In seguito sono stati nutriti e accuditi dal personale che si è occupato della bonifica dell’area e, molto più tardi, dai turisti che visitavano e visitano ancora oggi la zona di alienazione.
Visto che ci siamo…
Nel 2016 la non profit americana Clean Futures Fund iniziò a lavorare a Chernobyl per fornire assistenza sanitaria e supporto ai dipendenti della centrale, che lavorano ancora nella zona di alienazione. Ma, come ha mostrato anche l’attuale guerra in Ucraina, la vita degli umani è strettamente intrecciata con quella degli animali domestici e l’organizzazione presto si accorse che anche i cani presenti sul territorio avevano bisogno di cure: d’inverno la situazione era critica a causa della mancanza di cibo e la rabbia era una minaccia continua da non sottovalutare.
Allora, nel 2017, Clean Futures Fund ha iniziato a gestire cliniche veterinarie per i cani, fornendo cure, vaccini e sterilizzazione. Tra i volontari dell’associazione c’era anche Timothy Mousseau, un ecologo evoluzionista della University of South Carolina e autore dell’articolo pubblicato su Science Advances di cui ti ho accennato all’inizio di questa newsletter. Nel periodo a Chernobyl ha raccolto campioni di sangue di 302 cani che vivevano in luoghi differenti, all’interno e all’esterno della zona di alienazione. La base per un ambizioso progetto.
Nuovi dati per studiare gli effetti della radioattività
L’impatto dell'incidente di Chernobyl fu drammatico: secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa 30 persone che lavoravano nella centrale e i vigili del fuoco che accorsero per spegnere gli incendi morirono a causa delle radiazioni (come mostrato nella serie dell’HBO). Anche piante e animali subirono gli effetti di ciò che era accaduto, incapaci di sopravvivere agli alti livelli di radiazioni presenti.
Ciò che però interessa gli scienziati è capire come livelli bassi di radiazione a cui si è esposti per lungo tempo influenzino i geni di piante e animali nel territorio. Esistono alcuni studi che riportano tassi di mutazione genetica elevati nelle rondini (Hirundo rustica) e nei moscerini della frutta (Drosophila melanogaster) che vivono nelle vicinanze del reattore, ora sepolto in un sarcofago di acciaio e cemento.
Esaminare il DNA di quei cani — che dovrebbero essere i discendenti di quelli abbandonati nel 1986 — potrebbe essere, secondo gli studiosi, un buon modo per ottenere indizi utili per capire come fauna selvatica e umani possano sopravvivere in un ambiente ostile, nello specifico per comprendere gli effetti sulla salute dell'esposizione a basse dosi di radiazioni ionizzanti a lungo termine e ad altri contaminanti. Se ci pensi l’esposizione continua a basse dosi di radioattività è, ad esempio, quella di medici e pazienti nei reparti di radiologia o anche di ricercatori e studenti che hanno a che fare con sorgenti radioattive quotidianamente (come lo ero io ai tempi del dottorato). Saperne di più è senz’altro utile in molti ambiti.
Le prime informazioni ottenute sui cani di Chernobyl
Quello che è stato pubblicato su Science Advances è uno studio demografico sulle popolazioni di cani che abitano la zona di alienazione di Chernobyl. Lo dico subito perché in giro per la rete ho letto strani titoli sulla notizia.
Quindi, cosa abbiamo tra le mani dopo le analisi del DNA effettuate sul sangue dei 302 cani liberi, probabilmente parenti di quelli abbandonati nei giorni del disastro?
Per dare un po’ di contesto devo precisare che quasi la metà dei cani viveva nelle immediate vicinanze della centrale nucleare, mentre l'altra metà viveva a Chernobyl City, una zona residenziale a circa 14 chilometri di distanza. C’era un piccolo numero di campioni provenienti da cani a Slavutych, una città costruita per i lavoratori della centrale evacuati, a poco meno di 50 chilometri di distanza.
Secondo quanto riportato nell’articolo, i risultati evidenziano la tendenza dei cani liberi, proprio come i loro antenati selvatici, a formare branchi di individui imparentati. Ma, in questa regione, piccoli gruppi familiari o branchi di cani in libertà coesistono in stretta vicinanza l'uno con l'altro, un fenomeno che contrasta con la natura generalmente territoriale del più vicino antenato del cane: il lupo.
I cani in libertà nelle aree urbane tendono ad adattare la loro territorialità e i movimenti alla presenza di esseri umani nella regione. Di solito hanno una piccola zona, dove dormono, e una zona cuscinetto, dove cercano il cibo.
In questo caso i ricercatori hanno scoperto che, sebbene ci fosse una certa sovrapposizione tra le popolazioni canine, in generale, i cani della centrale erano geneticamente distinti dai cani della città di Chernobyl. Probabilmente si sono incrociati raramente, forse per la presenza di barriere fisiche intorno alla centrale (che comunque potevano essere eluse dai cani).
Gli scienziati hanno tracciato le relazioni di parentela, collegando genitori e figli, identificando così 15 gruppi familiari differenti. Alcune famiglie di cani erano ampie, mentre altre erano più piccole, con territori geografici più definiti. Tre gruppi familiari condividevano l’area di un deposito di combustibile.
C’è stata anche l’individuazione dei contributi genetici di razze pure e della discendenza condivisa con particolari razze nelle popolazioni esaminate: i cani della centrale e quelli della città di Chernobyl hanno mostrato di avere antenati di razza mista, ma entrambi condividevano tratti di DNA con Pastori tedeschi e con altre razze di pastori dell'Europa orientale. I cani di Chernobyl avevano tratti comuni anche con Boxer e Rottweiler, mentre quelli di Slavutych con Labrador retriever, Boxer e Yorkshire terrier.
Cosa sappiamo dell’effetto delle radiazioni su questi cani? Per ora nulla: tutto ciò che è stato ricavato da questo primo studio potrebbe essere la base per arrivare alla risposta a questa domanda. È necessario avere un quadro chiaro e completo della genetica di questi animali per capire ciò che può essere una mutazione dovuta all’esposizione alle radiazioni da ciò che non lo è. Costruire questa conoscenza non sarà semplice. Nonostante il conflitto che sta interessando l’Ucraina, Timothy Mousseau ha già in programma di raccogliere nuovi campioni il prossimo giugno. Chissà cosa scopriremo in futuro su questi cani, abitanti di un paese fantasma ora anche tristemente teatro di una guerra.
Qualcosa da…
… leggere
📰 Gli articoli di Nature e del New York Times sui cani di Chernobyl.
☢️ A proposito di nucleare, vorrei suggerirti un libro che è stato citato dal divulgatore scientifico Giovanni Carrada durante una sua lezione per un incontro organizzato dall’Ordine dei Giornalisti di Puglia di qualche tempo fa: The Rise of Nuclear Fear di Spencer R. Weart. Io non sono ancora riuscita a leggerlo e, se fai prima di me, magari dimmi cosa ne pensi.
Per oggi la newsletter termina qui. Ci risentiamo tra due settimane (sempre se il mio equilibrismo tra i vari impegni continuerà a funzionare).
Ti auguro una serena giornata,
Alessia