Foglie sparse | "Dialetti" oceanici
Buondì,
è da un po' che non ci si sente. Questa nuova frequenza d'invio sembra strana anche a me, ma vedrai che ci abitueremo.
In queste settimane sto leggendo un libro per una recensione (che condividerò presto con te): è Animali non umani di Carl Safina (Adelphi, 2022). È un'opera - e mai parola fu più azzeccata, considerando che parliamo di un volume di 565 pagine - che racconta le culture animali.
La prima parte è dedicata ai capodogli, le maestose creature del mare che ispirarono il romanzo di Herman Melville, Moby Dick.
Il caso vuole che, qualche giorno fa, io mi sia imbattuta in un articolo scientifico i cui autori sono i ricercatori protagonisti del libro di Safina.
Non è una balena, è un capodoglio
Prima di scriverti dello studio pubblicato su PNAS - Proceedings of the National Academy of Sciences, è bene fare un po' di chiarezza. Spesso i capodogli (Physeter macrocephalus) sono confusi con le balene - un po' per colpa di Melville. Entrambi sono cetacei, mammiferi marini, ma la balena fa parte del sottordine dei misticeti, mentre il capodoglio di quello degli odontoceti.
I misticeti posseggono i fanoni, delle lamine in cheratina, lunghe e fitte, usate come dei filtri per espellere l'acqua dalla bocca trattenendo piccolissimi crostacei che sono alla base della dieta.
Gli odontoceti hanno dei veri denti e si nutrono soprattutto di calamari e pesci che vengono aspirati dalle immense fauci di questi animali.
Per un umano osservare un capodoglio significa riconsiderare il concetto di "pesante": una massa poderosa - un esemplare maschio lungo 18 metri può arrivare a 60 tonnellate - che sulla terraferma significherebbe difficolta di movimento, in acqua si traduce in slancio, lunghe distanze percorse e facilità di inabissamento.
Poi c'è la sua testa, così complessa, disegnata dall'evoluzione per contenere un sofisticato sistema di ecolocalizzazione. Quest'ultimo è lo stesso fenomeno alla base dei nostri sonar: le onde emesse e il loro eco di ritorno servono a rilevare la presenza di un oggetto e a calcolarne distanza e posizione. Il tipo di onda prodotto da questi cetacei è acustica.
Fanno parte di questa strumentazione uno sfiatatoio, le labbra foniche e lo spermaceti, da cui deriva il nome in inglese dei capodogli, sperm whale. Lo spermaceti è un lungo organo contenente sostanze lipidiche (olio che sarà sembrato, a chi lo scoprì all'epoca, lo sperma dell'animale) e serve per amplificare i suoni, ma anche per immergersi ed emergere dalle acque. Un organo che è stato la fortuna di questi cetacei e, nello stesso tempo, una maledizione: li si cacciava proprio per impossessarsi di quell'olio, impiegato soprattutto per alimentare lampade.
Già leggendo questa manciata di informazioni, i capodogli ci sembrano esseri affascinanti e quasi alieni. Lo studio pubblicato su PNAS, che riprende a sua volta una ricerca di qualche anno fa, ci spiega quanto, invece, noi e questi cetacei siamo simili per certi aspetti.
Culture animali
Un gruppo di ricercatori ha pubblicato a inizio settembre i risultati del più grande studio fino a ora realizzato sulla distribuzione delle vocalizzazioni dei capodogli dell’Oceano Pacifico. Facciamo un passo indietro.
Nel lontano 2015 - dai, non è così lontano - su Nature Communications appare uno studio che spiega qualcosa che a noi esseri umani può apparire incredibile: anche nei capodogli c'è trasmissione culturale. Un caratteristica - che insieme al linguaggio - riteniamo il marchio di fabbrica di Homo sapiens, era osservabile anche in animali così diversi da noi (se poi però pensiamo che siamo tutti mammiferi, questa distanza un po' si accorcia).
Ma cos'è la cultura? Il biologo Hal Whitehead, tra gli autori di entrambi gli articoli che ho citato, la definisce così:
In termini biologici per cultura si intende informazione acquisita da membri della propria specie attraverso qualche forma di apprendimento sociale che causi similarità di comportamento in individui diversi della stessa popolazione.
Ciò che si trasmettono i capodogli sono i "dialetti".
Clan e "dialetti"
I capodogli vivono in quelle che sono definite società multilivello: si dividono in clan che comprendono diverse famiglie. Ciò che è interessante è che questi clan si distinguono attraverso l'uso di differenti "dialetti".
I capodogli comunicano tra loro per mezzo di particolari vocalizzazioni, degli schiocchi, chiamate code. Le code possono essere ripetute in sequenze diverse e con varia intensità.
Gli autori dello studio pubblicato su Nature Communications rivelarono che la formazione dei vari clan era connessa a quella dei "dialetti". Ma c'era ancora molto altro da capire.
La nuova ricerca sui "dialetti" dei capodogli
Nella nuova ricerca è stata dimostrata la presenza di marcatori simbolici (tratti arbitrari e riconoscibili che fungono da indicatori di appartenenza a uno specifico gruppo) nelle code e viene confermata l'ipotesi per cui la distribuzione spaziale di queste sequenze differenti - specifiche e distintive dei clan - vari proprio in funzione della distribuzione geografica.
All'interno dei clan gli individui comunicano usando repertori di click simili. Non solo: più i clan sono geograficamente vicini, più le code saranno simili; più ci si allontanerà, maggiore sarà la differenza.
È qualcosa di molto simile ai dialetti umani. Ti faccio un esempio a me vicino (chiedo a qualsiasi esperto di linguistica che sta leggendo di non pensar male di me). Io sono pugliese, originaria del nord barese, e il mio dialetto è diverso da quello di Bari pur essendo molto simile. Andando verso sud, ascolterò il vernacolo di Lecce che troverò molto lontano dal barese, di cui però avrà alcuni tratti in comune. Se questi linguaggi li confronterò con il dialetto di Milano, mi renderò conto che sono profondamente differenti.
N.B. Tutto questo spiega anche perché risulti molto fastidioso per chi è pugliese guardare serie tv come Il giudice Mastrangelo e Le indagini di Lolita Lobosco: a uno sceneggiatore e/o regista settentrionale, o al massimo centro-settentrionale, i dialetti pugliesi sembreranno tutti uguali e non si preoccuperà di far parlare in salentino un personaggio di Bari vecchia. Chi viene da lontano non riesce a percepire lo scarto.
A cosa servirebbe questa distinzione tra "dialetti"? Secondo i ricercatori i "dialetti" differenti rafforzerebbero la cooperazione tra i membri di un clan, erigendo una barriera culturale nei confronti di coloro che sono esterni al gruppo. Meccanismi sociali non lontani da quelli delle nostre società (qui una sociologa, probabilmente, vi tirerebbe fuori i concetti di outgroup e ingroup).
Ancora una volta ci troviamo a rispecchiarci in un'altra specie, rendendoci conto sempre più di essere animali tra gli animali.
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L'articolo di Pikaia - Il portale dell'evoluzione in cui si parla della ricerca pubblicata su PNAS.
Pikaia – I capodogli usano le vocalizzazioni per distinguere i propri gruppi? — pikaia.eu Un ampio studio sui capodogli del Pacifico confermerebbe che i loro "dialetti" identificano i diversi gruppi di animali, permettendo ai clan di restare uniti e distinguersi dagli altri
Un approfondimento sui capodogli, tra scienza e letteratura, scritto da Pietro Bassi per Aula di Science Zanichelli.
Moby-Dick o il capodoglio - Aula di Scienze — aulascienze.scuola.zanichelli.it Per la maggior parte dei lettori è un'allegoria dell'eterna lotta tra il Bene e il Male. Ma il capolavoro di Hermann Melville ha intere pagine dedicate anche alla biologia e all'etologia delle balene, che lo rendono un romanzo-saggio sulle conoscenze ottocentesche del mondo dei cetacei.
Tutto questo parlare di gruppi mi ha riportato alla mente un libro di psicologia sociale che ho letto qualche tempo fa: Stare in gruppo. Fare squadra, con gli amici, nello sport, sul lavoro, in politica di Giuseppina Speltini (il Mulino, 2002). Estremamente interessante e divulgativo (ti riconoscerai sicuramente nelle dinamiche descritte... e un po' ci ritroverai anche i capodogli).
il Mulino - Volumi - GIUSEPPINA SPELTINI, Stare in gruppo — www.mulino.it
Fare squadra, con gli amici, nello sport, sul lavoro, in politica. Tutta la nostra vita si snoda attraverso l'appartenenza a gruppi: piccoli come le compagnie di amici, i club e le squadre sportive, o grandi come i partiti politici, le etnie, le nazioni, le religioni. Ma cos'è un gruppo?
Avevo parlato di cultura negli animali non umani anche qui.
La cultura non è solo umana. Un nuovo sguardo sulle comunità di scimpanzé africane | Sapereambiente — www.sapereambiente.it
La cultura è realmente una caratteristica dell'Homo sapiens? Da decenni gli scienziati raccolgono prove dell’esistenza di culture complesse anche negli animali. Un esempio sono gli scimpanzé con la loro pesca delle termiti.
... ascoltare
La biologia marina che si nasconde tra le righe di Moby Dick in una chiacchierata con l'ecologa marina e divulgatrice scientifica, Eleonora Meliadò. Ci puoi ascoltare in una vecchia puntata del mio podcast Animal café - Chiacchiere e animali al bar.
Animal café #8 - Tra le pagine di Moby Dick - Animal café - Chiacchiere e animali al bar | Podcast on Spotify — open.spotify.com
Listen to this episode from Animal café - Chiacchiere e animali al bar on Spotify. In questa puntata Eleonora Meliadò, ecologa marina e divulgatrice scientifica, ci racconterà della scienza (o meglio, della biologia marina) che si nasconde tra le righe di un grande classico della letteratura: Moby Dick.
Ti lascio con un bel po' di roba da consultare 😉 Così non soffrirai di solitudine nelle due settimane che ci separano dal prossimo invio della newsletter.
Buona domenica,
Alessia