Foglie sparse | È un momento difficile per le collezioni naturalistiche
Buona domenica!
Come ti ho già raccontato mi occupo di divulgazione in un giardino botanico. Soprattutto negli ultimi mesi, è capitato di guidare gruppi di bambini alla scoperta di piante e animali. Tra fiori e piante nutrici, le farfalle la fanno da padrone e spesso spiego ai più piccoli che la loro cattura è giustificata solo per scopi scientifici, che nella maggior parte dei casi sono liberate e che non si usano i retini per puro divertimento. Noi siamo tutti animali, abitanti dello stesso pianeta, non siamo padroni di ciò che ci circonda e, del resto, abbiamo visto dove ci ha portati pensare di esserlo.
Ti racconto questo perché un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Plos Biology parla proprio del declino delle collezioni naturalistiche in parte dovuto a questioni etiche. Vediamo di capire insieme di cosa si tratta.
Il declino delle collezioni naturalistiche
Effettivamente i dati riportati non sono confortanti: secondo le informazioni raccolte da più di 245 istituzioni, l'arricchimento delle collezioni naturalistiche è diminuito notevolmente dal 1965 al 2018.
Il periodo compreso tra il 1990 e il 2019 ha visto un aumento degli esemplari di uccelli e un calo netto di altri taxa: l'attività di raccolta di numerosi gruppi di vertebrati è arrivata a essere addirittura minore rispetto a quella registrata durante la seconda guerra mondiale (momento in cui, certamente, gli animali non umani erano meno al centro dei mirini 😑).
Perché le collezioni naturalistiche sono importanti?
Le collezioni conservate nei musei di storia naturale di tutto il mondo sono degli archivi preziosi per ricostruire la storia delle singole specie così come di interi habitat, i cambiamenti che il nostro pianeta ha attraversato, episodi specifici avvenuti nel passato, come ad esempio gli effetti nocivi del DDT sulle uova di falco pellegrino in Gran Bretagna, negli ormai lontani anni Quaranta e Cinquanta.
Come spiegava Emily K. Meineke, editor di una monografia della rivista Philosophical Transaction of the Royal Society B - Biological Sciences, dedicata proprio alle collezioni biologiche e pubblicata nel 2018:
"L'impulso dietro a questo numero monografico è che i campioni conservano dati unici per la comprensione di quanto gli esseri umani abbiano cambiato la biosfera. Le collezioni di storia naturale abbracciano un arco di tempo che parte da oggi e arriva a prima dell'accelerazione dei cambiamenti climatici e quindi contengono informazioni peculiari sui processi biologici per i quali non possediamo riferimenti, per esempio la diffusione di specie invasive, l'esposizione all'inquinamento, l'interazione con nuove specie".
Tutti quei campioni conservati nei musei ci hanno donato tanto in termini di conoscenza scientifica e l'attuale rallentamento nella raccolta di esemplari potrebbe impoverirci da questo punto di vista. Ma a cosa è dovuto questo declino?
Tra istituzioni ed etica
Secondo gli autori dell'articolo apparso su Plos Biology, molti dei fattori che contribuiscono alla mancata crescita delle collezioni ricadono principalmente in due categorie: istituzionali ed etiche.
Nel primo caso, abbiamo collezioni legate a università e centri di ricerca per i quali le questioni scientifiche a cui era legata la raccolta di campioni risultano datate o risolvibili tramite l'utilizzo di quelli che vengono chiamati campioni non letali, ossia sangue, pelo o fotografie e video. Di conseguenza anche le docenze e i progetti di ricerca hanno iniziato a rendersi indipendenti dagli esemplari collezionati.
Nel secondo caso, ora che riconosciamo gli animali quali esseri senzienti, pensare di ucciderli per collezionarli non è una prospettiva così allettante. È anche vero, però, che ci sono domande le cui risposte non possono essere trovate nei campioni non letali e che raccogliere un esemplare in via d'estinzione è parte di quelle finalità di archivio della storia della Terra tipica delle collezioni di storia naturale.
Esistono possibili soluzioni al declino delle collezioni naturalistiche?
L'articolo si conclude con la proposta di nuovi programmi che formino i curatori di domani, che insegni loro come sfruttare le potenzialità delle collezioni esistenti e come arricchirle nella maniera più corretta possibile.
Inoltre sarà necessario proseguire la discussione etica. È complesso comparare il peso di una vita con quello di una conoscenza che potenzialmente potrebbe salvarne altre, in un domani di cui non conosciamo le caratteristiche e gli strumenti scientifici a disposizione.
Sono interrogativi molto simili a quelli sulla sperimentazione animale ma che, per forza di cose, sono più lontani dal dibattito pubblico e di cui dovremmo imparare ad occuparci come cittadinanza consapevole e attiva.
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Un articolo dedicato alla pubblicazione su Plos Biology de Il Bo Live con un'intervista video a Elena Canadelli, professoressa di Storia della scienza all’università di Padova e presidente della Società Italiana di Storia della Scienza (SISS).
Salvare dal declino le collezioni naturalistiche | Il Bo Live UniPD — ilbolive.unipd.it In un appello lanciato su PLOS Biology, alcuni ricercatori evidenziano come le grandi collezioni scientifiche occidentali non vengano più alimentate, e affermano come invece il loro mantenimento e accrescimento sia un’attività scientifica importante, per lasciare alle future generazioni un registro affidabile della biodiversità del pianeta, oggi minacciata
Un mio articolo di qualche tempo fa sul numero monografico della rivista Philosophical Transaction of the Royal Society B - Biological Sciences, intitolato Biological collections for understanding biodiversity in the Anthropocene.
Perché è importante conservare le collezioni naturalistiche? — www.saperescienza.it
Sono esposti al pubblico, riposti in appositi cassetti o ancora accatastati in depositi in attesa di essere catalogati e collocati. Stiamo parlando dei campioni appartenenti alle collezioni dei musei di storia naturale: resti di piante, animali e funghi raccolti da studiosi e appassionati nel corso dei secoli. La loro conservazione, la preservazione fisica al di là della digitalizzazione, è stata e sarà fondamentale non solo per continuare a descrivere la storia ed evoluzione degli esseri viventi ma anche per ricomporre i cambiamenti dovuti al riscaldamento globale, caratteristici dell'epoca geologica (non ancora riconosciuta ufficialmente) in cui stiamo vivendo: l'Antropocene.
Ancora buona domenica e a presto,
Alessia