Foglie sparse | L'ultimo dei tilacini
Buona domenica!
Come stai? Settembre è arrivato e io sto iniziando a riprendere in mano lavoro e progetti personali. Come questa newsletter.
Mercoledì prossimo, il 7 settembre, saranno trascorsi 86 anni dalla morte di Benjamin, l'ultimo dei tilacini. Di quale specie animale si tratta e perché se ne sente parlare più del solito in questo periodo?
Sembra un cane ma non è
A guardarlo, il tilacino (Thylacinus cynocephalus) sembrerebbe proprio uno strano cane.
Effettivamente lo stesso nome scientifico di questo animale richiama la sua somiglianza a un canide (la parola greca cynocephalus significa "dalla testa di cane"). Detto anche lupo della Tasmania o tigre delle Tasmania, per via delle striature presenti sul dorso, in realtà il tilacino è un marsupiale carnivoro. Sì, un marsupiale - proprio come il canguro e il koala - vissuto in Nuova Guinea, Australia e Tasmania.
Uso il tempo passato perché il destino di questa specie è stato alquanto infausto. In base ai fossili disseppelliti nel deposito di Riversleigh in Australia, più specie di tilacino sarebbero esistite ben 25 milioni di anni fa. Poi, a causa dei cambiamenti climatici, diminuirono fino ad arrivare a una sola circa 5 milioni di anni fa. Quell'unica specie non ebbe vita facile: a partire da 4000 anni fa, dovette fare i conti con la caccia da parte degli aborigeni (per i quali erano cibo) e la competizione innescata dall’introduzione del dingo. Insomma, in Australia continentale il tilacino si estinse 2000 anni fa.
Dalla Nuova Guinea scomparve già circa 10.000 anni fa.
Rimaneva la Tasmania, ma la sorte si accanì su questi marsupiali: il tilacino venne ritenuto - probabilmente erroneamente, considerando che le sue prede dovevano essere di piccola taglia - un killer di pecore, divenendo così un grosso problema per gli allevamenti. Problema che si pensò di risolvere con una campagna di sterminio indetta nel 1886. A completare l'opera ci fu anche un'epidemia di una malattia infettiva mortale simile al cimurro.
La popolazione di tilacini subì un drastico calo, tanto che il governo interruppe gli abbattimenti e, nel luglio 1936, dichiarò il Thylacinus cynocephalus specie protetta. Troppo tardi.
La morte di Benjamin, l'ultimo dei tilacini
Benjamin era l'ultimo esemplare di tilacino conosciuto, confinato nel Beaumaris Zoo, a Hobart, in Tasmania. La sera del 6 settembre 1936, i custodi dello zoo si dimenticarono di far rientrare il marsupiale nello spazio riparato della sua gabbia e lo ritrovarono il giorno dopo senza vita, ucciso dal freddo della notte. L'ultimo dei tilacini era morto.
Malgrado le ricerche, che in alcuni casi sfociarono in avvistamenti non dimostrabili e vere e proprie bufale, il tilacino fu dichiarato ufficialmente estinto nel 1982.
A volte ritornano: il progetto di de-estinzione del tilacino
Proprio qualche settimana fa, Scientific American ha raccontato che l'azienda texana Colossal Biosciences, società di biotecnologia che si dedica alla "resurrezione" di specie estinte, in collaborazione con l'Università di Melbourne, ha avviato un progetto di de-estinzione del tilacino. Già in marzo il gruppo di lavoro avrebbe ricevuto ben 3,6 milioni di dollari per il Thylacine Integrated Genetic Restoration Research Lab.

Si può de-estinguere un animale clonandolo, processo per cui si ha necessità di avere a disposizione il patrimonio genetico intatto. Oppure attraverso il breedingback, ossia rincrociando razze esistenti di una specie fino a ricreare un animale dall'aspetto (fenotipo) quanto più possibile vicino a quello estinto (attualmente lo si sta tentando con l'uro, il "padre" degli attuali bovini domestici). Infine si può andare di ingegneria genetica ed è quello che stanno progettando per il tilacino.
I ricercatori dovranno prima di tutto sequenziare l'intero genoma di tilacino ricavato dagli esemplari conservati in museo, in seguito confronteranno il genoma del tilacino con quello del suo parente più stretto e più adatto allo scopo, il topo marsupiale dalla coda grassa (Sminthopsis crassicaudata). Successivamente, grazie alla tecnica di editing genomico CRISPR, "correggeranno" il genoma del topo marsupiale per renderlo più simile possibile a quello del tilacino.
Naturalmente non finisce qui: gli esperti dovranno riprogrammare le cellule della pelle del topo marsupiale per trasformarle in cellule staminali per poter arrivare a un embrione. I suoi geni saranno poi modificati e l'embrione sarà inserito in una madre surrogata sempre di Sminthopsis crassicaudata o in un utero artificiale.
Non una passeggiata di salute, anche perché alcune delle tecnologie previste devono ancora essere sviluppate e perfezionate. Tutto questo per ottenere un animale molto simile a un tilacino. Il seguito risulta ancora più complesso, poiché sarebbe necessario riprodurre un certo numero di esemplari e iniziare un impegnativo lavoro di reintroduzione. Gli animali dovrebbero imparare a vivere in quello che era il loro habitat (sì, nei comportamenti animali c'è anche una componente culturale, di trasmissione delle conoscenze) e sarebbe necessario operare con cautela per capire come questo nuovo tassello potrebbe far reagire l'intero ecosistema.
Non si può ripetere il passato
Avrai compreso che la questione della de-estinzione è complicata, anche da un punto di vista strettamente etico.
Se da un lato questo tipo di ricerche, se non alla de-estinzione, potrebbero comunque portare a importanti scoperte scientifiche, è vero anche che il prezzo da pagare sarebbe alquanto elevato.
Verso la fine del talk che ho condiviso qui sopra, il paleontologo Michael Archer (come avrai capito ardente sostenitore della de-estinzione) suggerisce soluzioni per evitare una nuova estinzione delle specie "resuscitate": non solo il reinserimento in natura - che potrebbe non andare a buon fine -, ma il relegare questi animali all'addomesticazione e alla vita reclusa in zoo e santuari. Bell'idea di de-estinzione: creiamo animali dal nulla per renderli schiavi o "oggetti viventi" da Wunderkammer. Direi che siamo in un periodo storico in cui la maggiore consapevolezza etica e le conoscenze accumulate sugli animali ci dovrebbero impedire di arrivare a conclusioni del genere.
Al di là del pensiero animalista, molti scienziati desidererebbero che quei sostanziosi fondi fossero utilizzati per salvare specie che sono attualmente in pericolo, per programmi di conservazione e sensibilizzazione.
Forse dovremmo dare ragione a Nick Carraway, la voce narrante de Il Grande Gatsby, il romanzo di F. Scott Fitzgerald:
"Non si può ripetere il passato"
Credits immagine di copertina della newsletter di oggi: Baker; E.J. Keller., Public domain, attraverso Wikimedia Commons
Qualcosa da...
... leggere
L'articolo di Scientific American che parla del progetto di de-estinzione del tilacino.
De-extinction Company Aims to Resurrect the Tasmanian Tiger - Scientific American — www.scientificamerican.com
Strani ritrovamenti e bufale sul tilacino sono raccontati in un post del sito Criptozoo.
L'ultimo tilacino | Criptozoo — www.criptozoo.com
Uno sguardo più attento sulla de-estinzione nell'articolo di qualche tempo fa di Massimo Sandal, pubblicato su Il Tascabile (questo pezzo ha poi dato vita all'omonimo libro, che giace colpevolmente nella mia libreria senza essere stato ancora letto. Recupererò prestissimo!).
La malinconia del mammut - Il Tascabile — www.iltascabile.com
Quelli che... sono contrari alla de-estinzione. Un editoriale dei redattori di Scientific American.
Why Efforts to Bring Extinct Species Back from the Dead Miss the Point - Scientific American
A proposito di ripetere il passato, hai mai sentito parlare di rewilding? Ecco un mio vecchio articolo pubblicato su Sapereambiente.
Il rewilding e il ruolo del paesaggio | Sapereambiente — www.sapereambiente.it
Un gruppo di ricercatori della University of Amsterdam ha presentato, in una delle sessioni della European Geosciences Union General Assembly di quest’anno, i primi risultati di uno studio sul legame tra geodiversità ed esiti positivi di progetti di restauro ecologico.
Lunghetta oggi, eh? Ti lascio al tuo fine settimana 😉
A presto,
Alessia