Foglie sparse | Quel tweet sulla divulgazione scientifica
Ciao!
Questa settimana guardando "Che c'è di nuovo?" su Twitter mi sono imbattuta in questo tweet:


La mia reazione a queste affermazioni è stata più o meno questa:

Federico Ronchetti è ricercatore dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e responsabile delle operazioni dell'esperimento ALICE (A Large Ion Collider Experiment) al CERN - Comitato Europeo per le Ricerche Nucleari. Qui potrei iniziare col dirvi che "sapere" è diverso da "saper comunicare", che il lavoro del ricercatore è differente da quello del comunicatore della scienza, che se uno scienziato si dedicasse realmente alla divulgazione non avrebbe il tempo per fare ricerca. Riguardo la "vernice fresca sulla ruggine", meglio soprassedere. Ma questo lo hanno scritto già nei commenti, in maniera abbastanza chiara, bravissimi colleghi come Roberta Villa, Dario Bressanini, Alfonso Lucifredi e Luca Nardi (mi scuso se ho dimenticato qualcuno, la catena dei tweet è in continuo aggiornamento).
Vorrei, invece, cogliere l'occasione per condurti verso un altro tipo di riflessione. In generale, davanti a un tweet come questo, sarebbe valsa la pena rispondere? Avrei aggiunto qualcosa al dibattito o sarebbe stata solo una perdita di tempo?
In cammino verso la disputa felice
Lo ammetto: non sono una persona che ama commentare e discutere in rete. Trovo che, per molti temi, non sia il luogo adatto per il ragionamento e il confronto. Quando mi avventuro, leggo il post e tutti i commenti presenti, mi informo su chi siano gli autori e verifico le fonti a cui si riferiscono, cerco di capire quale sia il tono della conversazione, evito gli slogan e tento di illustrare in maniera chiara, non aggressiva e - perché no, anche con l'aiuto di qualche emoji - il mio punto di vista. Avrai capito che, alla fine, è un vero sbattimento e un investimento di tempo non trascurabile.
C'è un modo più razionale per decidere quando vale veramente la pena rispondere? Io l'ho trovato nei consigli di Bruno Mastroianni, filosofo, giornalista e social media manager di trasmissioni televisive, nel suo libro "Litigando si impara. Disinnescare l'odio online con la disputa felice".
La disputa felice di cui parla Mastroianni è, in breve, il saper dialogare con chi non è d'accordo con noi, il dissentire senza litigare, incontrare la diversità per imparare a comunicare meglio.
Quando è il caso di rispondere a un commento sui social media (e non solo)?
Bruno Mastroianni suggerisce di stabilire prima di tutto quale sia lo scopo che emerge dalle parole del nostro interlocutore e quale tipo di argomento stia usando. Nel primo caso dobbiamo capire se lo scopo è:
contribuire;
dimostrare qualcosa di sé stesso o esprimere una posizione;
disturbare o fare danni;
Per le tipologie di argomento:
solleva una questione oggettiva e concreta (un argomento di testa);
solleva una questione soggettiva (un argomento di cuore e di pancia);
si esprime con parolacce, bestemmie e/o espressioni aggressive.
Se riconosciamo almeno uno scopo di contribuire e/o almeno la presenza di una questione oggettiva, potrebbe essere il caso di buttarci nella mischia, altrimenti, come scriveva Dante nel Canto III dell'Inferno, "Non ragioniam di lor, ma guarda e passa".
Sarebbe stata una buona idea commentare il tweet "incriminato"?
Difficile dirlo, quella di Ronchetti sembra più una presa di posizione che un genuino tentativo di dare un contributo sul tema della divulgazione scientifica. Io non ho partecipato alla conversazione, ma è anche vero che le risposte di divulgatori e di altri ricercatori sono state un'occasione di confronto, mostrando al pubblico i retroscena del proprio lavoro.
Sapere se è il caso di commentare un post è utile non solo a chi si occupa di comunicazione. Tutti noi ci confrontiamo ogni giorno con le informazioni che si avvicendano sui social media e, per un dialogo più sereno e costruttivo con le persone che conosciamo, senza iniziare a bloccare chi non è d'accordo con noi e a creare bolle di consenso che ci impoveriscono, queste semplici indicazioni sono di grande aiuto. Pensaci la prossima volta, quando leggi un post che non ti va tanto a genio di qualche tuo contatto 😉.
Postilla: forse Ronchetti stava sollevando anche una questione soggettiva
Come ti ho accennato, prima di interessarmi a una conversazione, cerco di capire da cosa può essere scaturita. Nel caso di Federico Ronchetti, non posso fare a meno di pensare che ci fosse anche una questione soggettiva, di cuore. La sua esternazione sulla divulgazione scientifica probabilmente nasce da una querelle con Mario Tozzi, ricercatore, geologo e divulgatore scientifico. Di seguito un piccolo esempio per darti un'idea di cosa sto parlando:


Qui ci sarebbe da scrivere tantissime altre newsletter sulla mancanza di dialogo tra discipline scientifiche o anche sulla gerarchizzazione delle stesse (se hai sentito il termine "scienze dure" e ti viene l'orticaria quando lo leggi, capisci a cosa mi riferisco), ma per oggi lascerei stare.
Però non posso fare a meno di concludere questo momento "Fisici Vs Geologi" citando una famosa scena della serie The Big Bang Theory.
Qualcosa da...
... leggere
Ho menzionato "Litigando si impara" di Bruno Mastroianni, ma ti consiglierei di recuperare anche il prequel, "La disputa felice. Dissentire SENZA LITIGARE sui social network, sui media e in pubblico" (Franco Cesati Editore, 2017).

... condividere
A proposito di comunicazione in rete, Parole O_stili è un progetto sociale di sensibilizzazione contro la violenza delle parole. Tra le numerose attività svolte e ambiti coinvolti, c'è anche la realizzazione di questo Manifesto della comunicazione non ostile per la scienza:
Per questa domenica passo e chiudo. Ricordati, se ti è piaciuta la newsletter, puoi condividerla sui social o consigliare l'iscrizione a chi potrebbe essere interessato, inviando questo link: Foglie sparse | Revue (getrevue.co).
Buona giornata e a presto,
Alessia