Insieme, a caccia di miele
[Foglie sparse #72] Come l'essere umano coopera con altre specie senza domesticarle o ridurle in cattività
Buona domenica!
Questa è stata una settimana piuttosto intensa: sono stata a Roma per un progetto di cui spero presto di parlarti, ma che ti posso anticipare verterà sempre sugli animali e sui rapporti che intrecciamo con loro.
Ho colto l’occasione di godermi la compagnia di un gatto, oramai per me un animale tabù quando sono a passeggiare con il mio mezzo setter Willy
Ho, però, coltivato con cura il tempo a disposizione per non mancare a questo appuntamento quindicinale, anche perché sono appena ripartita con questa newsletter e sarebbe alquanto scortese non farmi trovare puntualmente nella tua casella di posta elettronica.
Oggi desidero raccontarti di una ricerca pubblicata su Science sulla cooperazione tra specie diverse, nello specifico tra esseri umani e indicatori golanera (Indicator indicator, altrimenti conosciuti in inglese con il nome comune di greater honeyguide, che effettivamente rende molto meglio), uccelli che vivono in Africa. Insieme vanno a caccia di miele e di cera d’api da un bel po’ di tempo.
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Un maschio di indicatore golanera su un ramo, in cerca di cera d’api. La foto è stata scattata da Brian Wood, antropologo e autore della ricerca insieme all’ornitologa e biologa evoluzionista Claire Spottiswoode
Gli indicatori golanera sono uccelli dell’ordine dei Piciformi, di cui fanno parte anche i più conosciuti picchi, e si nutrono di cera d’api (ebbene sì, riescono a digerirla). Il problema è che, come immaginerai, avvicinarsi a un alveare non è così facile e privo di rischi e così questi animali hanno trovato dei collaboratori: noi umani. È un do ut des: gli uccelli sono abili nello scovare gli alveari e li indicano quindi agli esseri umani che cercano miele. Gli umani, a loro volta, usano il fumo per calmare le api e rompono l'alveare, aprendo agli uccelli la strada per raggiungere l’agognata cera.
Come in tutti i lavori di squadra, la comunicazione è fondamentale. Umani e uccelli hanno trovato il modo di farlo attraverso segnali acustici, che sono l’oggetto di studio della ricerca pubblicata su Science.
Fedeli al richiamo
I cacciatori di miele presenti in diverse aree dell'Africa utilizzano richiami differenti per comunicare con gli indicatori golanera che li conducono agli alveari. Wood e Spottiswoode, gli autori dello studio, hanno dimostrato sperimentalmente che gli uccelli presenti in Tanzania e Mozambico distinguono i richiami umani rispettivamente delle comunità degli Hadza e Yao, rispondendo più prontamente a quelli emessi dai cacciatori del proprio territorio. In entrambi i casi il richiamo è stato trasmesso nelle comunità umane di generazione in generazione e non è stato mai modificato, in quanto i cambiamenti apportati si traducevano in quantità minori di miele raccolto.
Ma ascoltiamo insieme i due richiami. Questo è degli Hadza della Tanzania:
Il seguente quello degli Yao del Mozambico:
I file audio sono tratti dai materiali supplementari della pubblicazione Claire N. Spottiswoode, Brian M. Wood ,Culturally determined interspecies communication between humans and honeyguides. Science 382, 1155-1158 (2023). DOI:10.1126/science.adh4129
Una bella differenza, vero? Su questo ritorneremo a breve, ma per ora chiediamoci perché gli uccelli appaiono più fedeli a un specifico segnale acustico, quello emesso dalle comunità presenti nella propria area.
Potrebbero esserci più spiegazioni: gli indicatori potrebbero aver imparato i segnali degli esseri umani locali oppure esprimere una preferenza innata verso questi suoni, o ancora preferiscono determinati suoni perché sono trasmessi meglio nell’ambiente in cui vivono.
Paese che vai, richiamo che trovi
Come accennavo, la differenza tra richiami incuriosisce e sembrerebbe non casuale: potrebbe essere legata al background culturale e alle pratiche economiche dei gruppi di appartenenza. Nel nostro caso, gli Hadza dipendono da un’economia basata sulla raccolta del miele e sulla caccia: mentre sono in cerca di miele, gli uomini hanno con sé arco e frecce per cacciare qualche preda, per cui quel richiamo così melodioso serve ad attirare gli uccelli senza far allontanare altri animali.
La comunità degli Yao, invece, basa la propria sopravvivenza su agricoltura e pesca, attività integrate alla raccolta di miele. Quest’ultima serve a ottenere maggiore liquidità di denaro e ad assumere questo cibo come utile supplemento del proprio regime alimentare. Gli Yao, quindi, non cacciano mammiferi, al contrario, cercano di allontanarli perché quelli che potrebbero incrociare sono piuttosto pericolosi (elefanti, bufali, leoni). Quel segnale che hai sentito, così “umano” e gutturale, è un buon modo per spaventare animali indesiderati.
Perché gli indicatori golanera preferiscono i richiami locali?
Per giungere a una risposta i ricercatori hanno esposto gli uccelli in Tanzania e Mozambico a una serie di suoni preregistrati: il richiamo degli Hadza, quello degli Yao e un suono umano arbitrario che servisse da controllo.
Dai dati raccolti, utilizzando modelli matematici, è stato rivelato che gli indicatori della Tanzania cooperavano con una probabilità 3 volte maggiore quando ascoltavano il fischio armonioso degli Hadza, mentre i colleghi del Mozambico avevano quasi il doppio delle probabilità di collaborare quando ascoltavano il richiamo degli Yao.
I risultati fanno pensare che gli indicatori golanera di una determinata area apprenderebbero i segnali locali proprio come fanno gli umani. C'è però un problema. Mentre i richiami negli umani vengono tramandati di padre in figlio, il riconoscimento negli uccelli di questi suoni non può seguire lo stesso percorso perché gli indicatori golanera sono una specie parassita di cova: un piccolo di Indicator indicator non viene cresciuto dai propri genitori ma, proprio come nei cuculi, è allevato da coppie di uccelli ingannate che si ritrovano una prole non propria da far sopravvivere. Come imparano allora i segnali acustici umani, diversi di territorio in territorio? Forse è una combinazione di esperienza personale, osservazione di uccelli più esperti e apprendimento sociale.
Siamo davanti a quello che la scienza chiama co-evoluzione culturale tra due specie: gli adattamenti appresi in specie diverse possono influenzarsi e rafforzarsi reciprocamente. Quella tra noi e gli indicatori è una cooperazione che potrebbe essere cominciata addirittura prima che diventassimo “umani”: i nostri antenati ominini probabilmente avevano già iniziato la caccia al miele e la loro capacità di raccoglierlo sarebbe migliorata con l’uso di strumenti in pietra (adoperati a partire da 3,3 milioni di anni fa) e con la padronanza nel maneggiare il fuoco acquisita tra 1,5 milioni e 350.000 anni fa.
Nessuna domesticazione, niente cattività, solo la necessità di raggiungere un obiettivo comune: impossessarsi di miele e cera d’api per sopravvivere. Una semplice collaborazione tra animali (purtroppo a scapito di altri animali) 😬.
Qualcosa da…
… leggere
📰 La news dell’UCLA (University of California, Los Angeles) sulla ricerca riguardante la cooperazione tra umani e indicatori golanera;
🐙 Un mio articolo dedicato ai polpi in cui si parla della cooperazione nella caccia tra Octopus cyanea, una specie di diverse zone tropicali, e la cernia corallina leopardo Plectropomus leopardus.
… ascoltare
🎙 La puntata del podcast di Science in cui c’è un’intervista a Claire Spottiswoode, coautrice dello studio.
Buona giornata e a presto,
Alessia