Buona domenica,
come stai? Probabilmente avrai notato un cambiamento di colori qui su Foglie sparse. In questi giorni sto rivedendo degli aspetti della mia presenza online e sto riflettendo su alcune modifiche per i miei profili social, il mio sito e, naturalmente, la newsletter. Spero che questo cambio di sfumature non ti dispiaccia.
Lo studio che desidero raccontarti oggi mi fa sorridere perché mi ricorda un compagno di classe delle scuole medie — anche compagno di banco per lungo tempo — che adorava rompere le scatole a tutti con piccole prese in giro. Era un simpatico burlone e noi compagni non eravamo quasi mai infastiditi dai suoi scherzi. Ammetto, però, di non essere mai stata una santa e di essermi presa qualche innocente rivincita 🤭
E se ti dicessi che non siamo gli unici animali a prendersi un po’ in giro?
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Prendersi in giro giocosamente tra grandi scimmie
In uno studio pubblicato su Proceedings of the Royal Society B, le scienziate e gli scienziati dell’Università della California di Los Angeles, del Max Planck Institute of Animal Behavior, dell’Indiana University e dell’Università della California di San Diego hanno riportano testimonianze di giocose prese in giro in oranghi, scimpanzé, bonobo e gorilla. Jane Goodall e altri primatologi avevano in precedenza osservato gli scimpanzé occupati in queste amene attività ma, diversamente dal passato, qui ci troviamo di fronte a un primo studio sistematico.
Perché decidere di osservare questo tipo di interazione nelle quattro specie di grandi scimmie? Gli esseri umani iniziano nella prima infanzia a “rompere le scatole”, offrendo oggetti per poi ritirarli rapidamente, cercando di compiere azioni a loro vietate, rifiutando di comportarsi come previsto e interrompendo gli altri mentre stanno facendo altro. Sembrerebbe che già a 8 mesi i cuccioli d’umano comincino a essere allegramente dispettosi.
Il linguaggio non è, quindi, requisito necessario per mostrare questo comportamento, per cui studiose e studiosi hanno immaginato di poterlo ricercare anche in animali non umani come le grandi scimmie che, del resto, hanno mostrato di saper ridere, giocare con oggetti insieme ad altri e avere una comprensione anche abbastanza sofisticata delle aspettative altrui.
Questa indagine ha raccolto informazioni utili per riuscire a comprendere le radici dell’umorismo.
18 sfumature di fastidio
Il gruppo di ricerca ha analizzato 75 ore di registrazioni provenienti dagli zoo di San Diego e Leipzig (Germania) e identificato 145 esempi di prese in giro spontanee in oranghi, scimpanzé, bonobo e gorilla. Per lo più esemplari giovani hanno utilizzato ben 18 modi per infastidire i membri del proprio gruppo, tra cui colpire l’altro, nascondersi, offrire e ritirare una parte del corpo, offrire e ritirare un oggetto, fare il solletico, violare lo spazio personale dell’altro — ad esempio, avvicinandosi rapidamente al suo viso — e tirare i capelli.
Secondo quanto osservato in questa analisi dagli autori dello studio, prendersi in giro nelle grandi scimmie è un comportamento provocatorio, intenzionale e giocoso. Solitamente ha come protagonista attivo un solo esemplare che cerca nell’interazione una risposta e ripete l’attività, tutto questo in contesti che sono principalmente di relax. Sembra esserci, inoltre, una differenza di età: i giovani hanno esibito questo comportamento più degli adulti.
Come sempre ci sono dei limiti di cui tenere conto: per esempio, il numero di animali coinvolti e la composizione dei gruppi analizzati, la tipologia di raccolta di dati adoperata e l’aver analizzato solo animali in cattività.
Prendersi in giro è una cosa seria
Se ci pensi, scherzare richiede della abilità cognitive complesse: è necessario conoscere le norme sociali che vigono per poterle rompere quel tanto da non sembrare aggressivi, bisogna anticipare la risposta dell’altro e capire quando e come violarne le aspettative. Scherzare e prendere in giro hanno alcuni aspetti in comune, tra cui mettersi nei panni dell’altro. In particolare, entrambi richiedono di possedere la teoria della mente. Cos’è?
La teoria della mente è la capacità di capire e prevedere un comportamento sulla base della comprensione degli stati mentali (intenzioni, emozioni, desideri, credenze) propri e altrui.
Questa capacità è stata per molto tempo attribuita unicamente agli esseri umani, in quanto considerata fondamentale per gran parte di ciò che reputiamo ci renda “umani” come le forme di comunicazione, cooperazione e cultura che credevamo ci distinguessero dagli altri animali.
Ma, in decenni di ricerche, sono stati trovati possibili indizi della presenza della teoria della mente anche in animali non umani come corvidi, cani e, appunto, nelle grandi scimmie.
C’è infine un aspetto evolutivo di questi primi risultati. Lo descrive Isabelle Laumer, primatologa, biologa cognitiva e autrice principale dello studio, nel comunicato ufficiale che parla della pubblicazione.
Da un punto di vista evolutivo, la presenza di prese in giro giocose in tutte e quattro le grandi scimmie e le sue somiglianze con le prese in giro e gli scherzi giocosi nei neonati umani suggeriscono che questo comportamento e i suoi prerequisiti cognitivi potrebbero essere stati presenti nel nostro ultimo antenato comune, almeno 13 milioni di anni fa.
E conclude:
Ci auguriamo, inoltre, che questo studio aumenti la consapevolezza delle somiglianze che condividiamo con i nostri parenti più stretti e dell’importanza di proteggere questi animali a rischio di estinzione.
Ti assicuro che non c’è niente di più immediato per percepire le nostre somiglianze con scimpanzé, oranghi, bonobo e gorilla di guardare il video in cui sono mostrati alcuni dei dispetti analizzati nella ricerca. Altro che Simpatiche canaglie!
Qualcosa da…
… leggere
📰 Due articoli divulgativi sulla ricerca di cui ti ho scritto oggi:
Great Apes Know Just How Much to Annoy One Another di Katherine J. Wu su The Atlantic;
Great Apes Love to Tease, Poke and Pester, Suggesting the Urge to Annoy Is Millions of Years Old di Christian Thorsberg su Smithsonian Magazine.
Della teoria della mente parla il Premio Pulitzer Ed Yong, sempre su The Atlantic, nell’articolo di qualche tempo fa Apes Might Know That You Don’t Know What They Know.
📚C’è un capitolo molto “frizzantino” sulla teoria della mente in un libro, in molti tratti emozionante, che ti consiglio nonostante le oltre 600 pagine. Si tratta di Al di là delle parole del biologo e scrittore Carl Safina (Adelphi, 2018).
Sempre a proposito di teoria della mente…
Ti lascio alla tua domenica.
Buona giornata e alla prossima,
Alessia