Sono tornata!
[Foglie sparse #71] Dopo una lunga pausa, come promesso ti scrivo nuovamente di espressioni facciali negli animali
Ciao,
è da tantissimi mesi che purtroppo non mi dedico a questa newsletter. Se hai effettuato l’iscrizione recentemente, non avrai visto arrivare nulla nella tua casella di posta elettronica (sigh!) mentre, se sei tra le persone veterane di Foglie sparse, la domanda sarà sorta spontanea: «Che fine ha fatto?».
Posso solo dire a mia discolpa che sono stata travolta dallo tsunami di impegni cui accennavo nell’ultima mail. Ma ora eccomi qui, sempre entusiasta di questo appuntamento che ho con te per parlare di scienza, natura, animali e divulgazione con un pizzico di cultura pop.
L’ultima volta ti ho scritto dello studio delle espressioni facciali negli animali e avevo chiesto, tramite un sondaggio, se ti avrebbe fatto piacere una nuova puntata sull’argomento.
Che dire? Il 100% di chi ha votato ha gradito, quindi rieccomi qui tra AnimalFACS e gatti.
Foto di Lukáš Jančička da Pixabay
Qualche mese fa è stata diffusa da numerose testate la notizia di uno studio sulle espressioni facciali dei gatti. La ricerca, pubblicata nella rivista scientifica Behavioural Processes, rivela che questi felini — che per molti di noi possono sembrare spesso imperscrutabili — mostrano un repertorio piuttosto ricco di espressioni facciali: ben 276, usate per comunicare intenzioni amichevoli o ostili ai propri conspecifici.
Tutto è cominciato con Lauren Scott, studentessa di Medicina e gattara. Nel 2021 studiava alla UCLA (University of California, Los Angeles) e, non troppo lontano da lì, c’era il CatCafé Lounge, un locale in cui fare una pausa e coccolare gatti in cerca di adozione. Personalmente gli animal café non mi convincono (per quanto io abbia chiamato così il mio primo esperimento di podcast), ma ammetto che, da ciò che ho potuto leggere, non è un posto così malvagio: i gatti non sono costretti a interagire tra loro e con gli umani, hanno spazi al chiuso e all’aperto — un patio chiamato catio — in cui muoversi e anche luoghi che permettono loro di stare al riparo e in solitudine. È qui che la curiosità di Scott sarà divenuta vero e proprio desiderio di conoscere e, con l’aiuto della psicologa evoluzionista già autrice di altre ricerche sulle espressioni facciali negli animali, Brittany Florkiewicz, ha iniziato a guardare con gli occhi della scienza i suoi amati mici.
Tra pupille contratte e leccatine al naso
Le ricercatrici hanno raccolto 194 ore di registrazioni in 10 mesi, catturando le espressioni facciali di 53 gatti di età maggiore di un anno (27 femmine e 26 maschi) tutti sterilizzati/castrati. Le espressioni sono state descritte con l’utilizzo del Cat Facial Action Coding System (CatFACS): si tratta di uno strumento di osservazione scientifica che identifica e codifica oggettivamente i movimenti facciali dei gatti, senza però dirci cosa possa rappresentare una determinata espressione.
Scott e Florkiewicz hanno così identificato un totale di 276 espressioni facciali distinte rivolte ad altri gatti. Ciascuna espressione era il risultato della combinazione di 26 movimenti facciali unici, tra cui, ad esempio, muso socchiuso, mascella abbassata, pupille dilatate o contratte, battiti e semi-battiti di ciglia, angoli del muso tirati, leccate del naso, vibrisse protratte o retratte e/o varie posizioni delle orecchie.
Insomma, un bel numero se consideriamo che ci sono umani che sembrano avere un’unica espressione 🤭
Lui è Richard Madden, attore che ha interpretato il ruolo di Robb Stark ne Il Trono di Spade. In 3 stagioni la sua espressione è sempre stata più o meno questa.
Comunicazione tra gatti
Rispetto a precedenti studi sulle espressioni facciali dei gatti, che si concentravano sulla comunicazione con gli esseri umani, il lavoro pubblicato su Behavioural Processes si è focalizzato su quella tra felini. Lo scopo era documentare i diversi segnali e classificarli in interazioni che fossero affiliative e non-affiliative: la maggioranza delle espressioni dei gatti decodificate sono state interpretate come decisamente amichevoli (45%) o decisamente aggressive (37%), mentre il 18% era ambiguo, tanto da poter rientrare in entrambe le categorie.
Esempi? Pupille contratte e il leccarsi il muso sono stati osservati prima di scontri (e non ne dubito), mentre orecchie e vibrisse verso l’altro gatto sono comparsi in scambi amichevoli.
A parte la mia perplessità sull’assenza di un esperto in etologia dei felini, sulla rivista in cui è stato pubblicato lo studio (che, benché affidabile, non è la più autorevole) e sugli stessi limiti che le autrici sottolineano, come il numero dei gatti osservati e l’instabilità del gruppo — con il passare dei mesi alcuni sono stati adottati (buon per loro!) — ho trovato l’articolo interessante per alcuni aspetti.
Uno su tutti è il legame tra la domesticazione e le interazioni sociali tra gatti. I lupi, da cui hanno avuto origine i cani, sono animali sociali che vivono in branchi mentre i felini sono solitamente predatori solitari. Come spiegato anche nella ricerca di Scott e Florkiewicz, in circa 10.000 anni di domesticazione, i gatti hanno cominciato ad avere a che fare con noi umani e a far parte di gruppi più o meno ampi di conspecifici. Si può supporre, quindi, che abbiano dovuto sviluppare nel corso dei millenni un maggior numero di segnali (soprattutto affiliativi) per comunicare tra loro, tra cui anche le espressioni facciali.
Ritornando a oggi, la comprensione delle espressioni facciali può essere di grande aiuto nelle adozioni, per capire se il nuovo arrivato potrebbe andare d’accordo con i gatti già presenti in casa, oppure essere un ulteriore strumento per veterinari comportamentisti o consulenti della relazione felina, o ancora, nella gestione delle colonie feline.
Nell’attesa di nuove ricerche, non ci resta che rimanere a osservare questi ammalianti animali cercando nel nostro piccolo di capirli e rispettarli.
Qualcosa da…
… leggere
🐱 L’articolo che parla dello studio sulle espressioni facciali dei gatti, pubblicato tra le News del sito di Science.
📚 Un piccolo ma sostanzioso libro dedicato alla storia naturale (e no) dei gatti: Non dire gatto. Una storia naturale, e no di Paola Valsecchi, docente di Etologia applicata ed Evoluzione dei vertebrati all’Università di Parma.
Per oggi è tutto. Ti lascio alla tua domenica, che spero sarà tranquilla e riposante!
Alla prossima,
Alessia