Menopausa negli abissi
[Foglie sparse #88] Condividiamo questa fase della vita con alcune specie di cetacei odontoceti.
Ciao!
L’argomento di oggi è chiaro già dal titolo della newsletter: la menopausa negli animali. È un tema che è spesso stato evitato per gli esseri umani, reputato un tabù per molto tempo. In più si tratta di un evento biologico non molto diffuso nel regno animale. Non mi ero mai chiesta se femmine di altre specie andassero in menopausa e, inconsciamente, credevo che probabilmente nei primati si potesse osservare questa strategia riproduttiva. E invece, tra le poche specie in cui sembra possibile descrivere il fenomeno, ci sono i cetacei. Cosa ci accomuna? L’evoluzione della menopausa in orche e narvali può aiutarci a capire perché anche le femmine di Homo sapiens continuino a vivere per lungo tempo dopo il termine dell’età fertile?
Non ci resta che immergerci in uno studio pubblicato su Nature da ricercatrici e ricercatori dell’Università di Exeter. Buona lettura!
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Cos’è la menopausa e a cosa serve?
La menopausa corrisponde all’interruzione definitiva delle mestruazioni e pone fine alla finestra temporale in cui una femmina è fertile e può, quindi, generare prole.
Siamo una delle poche specie ad andare in menopausa ed è qualcosa di alquanto curioso, una stranezza che antropologi e biologi studiano oramai da decenni. Avere un periodo limitato in cui riprodursi, invece di farlo per l’intera esistenza, non sembrerebbe a un primo sguardo una buona soluzione dal punto di vista evolutivo. Per diffondere i propri geni ed essere sicuri che sopravvivano nelle generazioni future, l’ideale sarebbe generare un gran numero di figli. Quindi che senso avrebbe non continuare a essere fertili fino alla morte per assicurarsi un maggiore successo riproduttivo?
Scienziate e scienziati hanno elaborato alcune ipotesi per spiegare l’utilità biologica di una “vita dopo il ciclo” per le femmine: tra le teorie più studiate e più supportate c’è quella della kin selection, la selezione di parentela, secondo la quale
la selezione naturale avrebbe favorito l’evoluzione di comportamenti altruistici che permettono a individui che condividono un patrimonio genetico simile (parenti) di mettere a disposizione le proprie risorse per il beneficio del proprio gruppo familiare, garantendo ugualmente il passaggio alle generazioni successive dei propri geni.
Contare su una nonna è un grande aiuto per le madri e l’assenza di altri figli con età simili a quella dei nipoti fa sì che una donna anziana possa concentrarsi sulla crescita di quest’ultimi.
Un premessa prima di proseguire: la durata della vita negli animali, la loro longevità, è una questione complessa e dipende da numerosi fattori. In generale, i mammiferi piccoli vivono meno di quelli grandi. Dal punto di vista evolutivo, le dimensioni ridotte portano a essere predati più facilmente e non avrebbe senso essere predisposti a vivere di più, considerata l’alta probabilità di essere prima o poi mangiati. Meglio riprodursi di più e più rapidamente. Al contrario, gli animali più grandi corrono meno rischi, quindi per loro è più utile vivere a lungo, generando meno figli e prendendosene più cura.
Qual è la storia evolutiva della menopausa? Perché questo adattamento, vivere dopo l’età fertile per molti anni ancora, si è dimostrato vincente tanto da ritrovarlo oggi negli esseri umani? È accaduta la stessa cosa in altri primati o in altri mammiferi? Attraverso un confronto tra specie differenti possiamo riuscire a capire il motivo per cui si è evoluto questo cambiamento fisiologico?
Le specie conosciute con femmine che vanno in menopausa sono poche. Sappiamo che la menopausa è stata osservata in una popolazione di scimpanzé di Ngogo, in Africa, e in elefanti asiatici (Elephas maximus) in condizioni di semicattività. Sembra più diffusa tra i cetacei odontoceti, quelli dotati di denti. A differenza dei primati, negli odontoceti la menopausa si è evoluta in modo indipendente almeno quattro volte in cinque specie: il globicefalo di Gray (Globicephala macrorhynchus), la pseudorca (Pseudorca crassidens), l’orca (Orcinus orca), il narvalo (Monodon monoceros) e il beluga (Delphinapterus leucas).
La menopausa nei cetacei: un’esistenza più lunga o una vita riproduttiva più breve? Con quali vantaggi?
Nello studio pubblicato su Nature, il gruppo di ricerca dell’Università di Exeter ha confrontato dati appartenenti a odontoceti con e senza menopausa (in tutto 32 specie analizzate) per capire se questa strategia riproduttiva si sia evoluta attraverso l’allungamento dell’intera vita dei cetacei o sia stata la finestra temporale riproduttiva a essersi accorciata. In seguito hanno cercato di comprendere quali potessero essere i vantaggi della menopausa.

Per mettere alla prova le ipotesi formulate, gli scienziati hanno ricostruito informazioni sulla mortalità, la durata della vita e la fertilità dei cetacei ricavandole dalla letteratura scientifica già pubblicata e hanno, quindi, confrontato i dati appartenenti alle specie con menopausa con quelli delle specie in cui non è stata osservata.
Studiare la demografia1 dei cetacei odontoceti è sicuramente più complicato rispetto a quella umana. Come riportato da Rebecca Sear, demografa, antropologa ed ecologa comportamentale umana, in una delle News & views apparsa sempre su Nature, osservare direttamente la mortalità naturale e eventi connessi alla fertilità dei cetacei è raro e gli autori dello studio hanno dovuto stimare i parametri demografici adoperando dati relativi a eventi di mortalità “innaturale”, ossia spiaggiamenti di massa o catture accidentali legate ad attività di pesca.
La durata della vita totale e la durata della vita riproduttiva (attraverso l’analisi delle ovaie) di questi animali sono stati ricavate da esemplari deceduti non naturalmente e questo potrebbe aver portato a errori nei calcoli, tenendo anche conto che il numero di individui esaminati potrebbe essere ritenuto basso. Inoltre, le attività umane hanno influenzato pesantemente le popolazioni di cetacei e la demografia attuale potrebbe non rispecchiare schemi esistiti in milioni di anni di evoluzione.
Ricercatrici e ricercatori, considerando questi limiti, con strumenti statistici e conoscenza, hanno fornito delle prime risposte alla difficile questione dell’evoluzione della menopausa.
L’ipotesi della nonna
Secondo i risultati raccolti, nelle specie che presentano la menopausa, le femmine vivono più a lungo, ma hanno la stessa durata di vita riproduttiva delle specie senza menopausa, a parità di dimensioni.
I narvali, ad esempio, smettono di riprodursi intorno ai 50 anni, ma rispetto alle femmine delle specie di cetacei non in menopausa, vivono per altri 30 anni.
E per quanto riguarda i vantaggi della menopausa?
I biologi evoluzionisti definiscono “ipotesi della nonna” la teoria secondo la quale la presenza in un nucleo familiare di donne non più fertili, le “nonne”, aumenterebbe la probabilità di sopravvivere e riprodursi di figli e nipoti.

È una teoria elaborata per tentare di spiegare la menopausa negli esseri umani, ma sarebbe possibile applicarla anche ai cetacei odontoceti protagonisti della ricerca pubblicata su Nature?
Vivendo più a lungo senza estendere la loro vita riproduttiva, queste femmine hanno più tempo per aiutare i loro figli e nipoti, senza entrare in competizione con le loro stesse figlie.
Esistono diversi modi in cui le femmine di cetacei odontoceti più anziane possono fornire aiuto alle generazioni più giovani: condividendo direttamente il cibo con figli e nipoti, facendo da babysitter a quest’ultimi o utilizzando le proprie conoscenze e la propria esperienza per guidare il gruppo in aree con maggiore disponibilità di cibo quando le risorse sono scarse.
Considerati i vantaggi, perché nelle altre specie non si è evoluta la menopausa? I risultati suggeriscono che potrebbero essere necessarie strutture sociali specifiche affinché la menopausa si evolva. Gli scienziati spiegano che le cinque specie di cetacei che entrano in menopausa vivono tutte in gruppi familiari matriarcali composti da madri, figli e nipoti. In questo contesto, vivere più a lungo consente alle matriarche di aiutare la prole a sopravvivere. Come accennato, la menopausa elimina anche la possibilità di competere con le figlie per nutrire i loro piccoli, rendendo la transizione verso una fase non fertile delle madri un vantaggio evolutivo e non uno svantaggio.
Come sempre saranno necessari ulteriori studi per confermare e approfondire le conclusioni raggiunte.
L’ultimo antenato comune tra noi e i cetacei odontoceti è vissuto ben 90 milioni di anni fa, siamo specie molto diverse eppure abbiamo sviluppato in maniera indipendente, nel corso della nostra storia evolutiva, la menopausa.
Siamo animali sociali e probabilmente per entrambi può valere il proverbio «Per crescere un bambino ci vuole un villaggio»… con delle brave nonne.
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Qualcosa da…
… leggere
📰 Un articolo su nonne orche e menopausa scritto da Anna Romano per Scienza in Rete.
Un articolo divulgativo sulla ricerca di cui ho scritto oggi tra le News di Science.
… ascoltare
🎧 L’intervista a Sam Ellis, autore principale dello studio pubblicato su Nature. È nella puntata del 13 marzo scorso di Nature podcast.
Buona domenica e a presto,
Alessia
Da Treccani, la demografia è «lo studio di carattere prevalentemente statistico dei fenomeni concernenti la popolazione, considerata sia sotto l’aspetto statico, cioè nella consistenza e nella struttura che presenta in un determinato istante (ammontare della popolazione e sua composizione per sesso, età, stato civile, professione, religione, ecc.), sia sotto l’aspetto dinamico, cioè nel processo di rinnovamento continuo cui essa è sottoposta per effetto delle nascite, delle morti e degli spostamenti territoriali (migrazioni) e sociali (mobilità sociale)».
Ho scritto della teoria della nonna come possibile punto di partenza per l'interpretazione della menopausa nella specie umana dieci anni fa nel libro "Libera dalle vampate" e allora non erano ancora stati resi pubblici i risultati sugli studi condotti sui cetacei. Ma la questione non è quale sia un generico vantaggio della specie. La questione sta nell'urgenza della scelta. E' evidente agli antropologi che la specie umana preistorica era organizzata in gruppi matriarcali come in tutti i grandi mammiferi. Nel momento di una grande carestia di cibo (tra il pleistocene e l'olocene? ) l'umanità ha rischiato l'estinzione per mancanza di cibo ma anche per mancanza di capacità riproduttiva perchè quando il cibo manca gravemente il cliclo mestruale scompare. Quindi, le famose nonne degli antropologi erano le donne della comunità umana che avevano già figliato e rinunciavano al cibo per darlo ai piccoli e alle figlie perchè potessero mantenere la fertilità. Libere da obblighi biologici riproduttivi andavano alla ricerca del nutrimento più lontano e forti di maggiore esperienza. Un po' come fanno le orche in menopausa che guidano il branco, che rintracciano il cibo, che insegnano alla comunità come cacciarlo e come sfamarsene (perchè non basta saper uccidere la foca, bisogna anche saperla mangiare senza farla affondare). Quindi il vantaggio unico che sta dietro all'"invenzione" della menopausa è stata la sopravvivenza della specie. Dopo milioni anni, quando il cibo è tornato ad essere più abbondante, evidentemente, il carattere si era stabilizzato nella specie e per la prima volta sul pianeta sono comparse specie che presentavano individui liberi dall'obbligo biologico della riproduzione. Non dovendo andare più tanto lontano per trovare il cibo, mi piace pensare che questi individui abbiamo apprezzato il tempo libero osservando la natura e le sue leggi e abbiano scoperto alcune gioie come pitturare le pareti delle caverne, vedere crescere i semi che avevano gettato nelle pozze per ingrassare dei pesci e poi raccoglierne spighe intere, ingegnarsi per costruire contenitori per queste nuove scorte di cibo e per ripararle dal freddo e le piogge, escogitare un modo tener conto degli scambi di riserve alimentari con altre comunità, insomma immagino la menopausa come la sola condizione biologia che ha reso possibile l'invenzione della civilità.