Tutti gli animali sono diversi, ma alcuni sono più diversi degli altri
[Foglie sparse #94] Ho capovolto una celebre citazione per raccontarti dell'influenza dell'individualità nello studio degli animali non umani.
Buona domenica,
sono contenta di ritrovarti in questo nostro appuntamento dopo una lunga pausa che, per me, è stata soprattutto di riposo.
Proprio poco prima delle vacanze natalizie, per scrivere un articolo sugli effetti della musica sul benessere animale, ho fatto quattro piacevoli chiacchiere con gli zoologi Claudia Pinelli e Biagio D’Aniello, autori di un recente studio sulla musicalità nei cani.
Tra una domanda e l’altra è emerso quanto la ricerca sul comportamento animale possa essere influenzata dalla personalità degli individui coinvolti. Abbiamo riso insieme quando D’Aniello mi ha raccontato di Leo, un Golden retriever che si rifiutava di eseguire l’esercizio previsto dall’esperimento. Nei video inviati ai ricercatori, Leo appariva come una statua, immobile nonostante gli stimoli, e dopo alcuni tentativi il suo compagno umano aveva comunicato agli studiosi che probabilmente il cane non era favorevole a dare il suo contributo al progresso scientifico 😂
Se anche tu hai a che fare con più di un animale della stessa specie, ad esempio vivi con più di un cane o più di un gatto, avrai notato che effettivamente ognuno di loro esprime una propria personalità. No, non stiamo antropomorfizzando i nostri compagni: dal punto di vista scientifico queste differenze sono state osservate, anzi, qualcuno si è anche reso conto del loro possibile impatto sui risultati della ricerca etologica.
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Corvi timidi
Christian Rutz è un professore di biologia della University of St. Andrews, in Scozia. Alcuni anni fa era impegnato in uno studio sui corvi della Nuova Caledonia (Corvus moneduloides), una specie di uccelli celebre per la capacità di utilizzare strumenti. Uno dei test disegnati da Rutz e dal suo team prevedeva che i corvi cercassero di prelevare il cibo, nascosto nei fori di un piccolo tronco, ripiegando a forma di uncino lo stelo di una pianta. Se uno degli esemplari scelti non iniziava a impegnarsi nel compito entro 90 minuti, la sua prestazione sarebbe stata esclusa dalla raccolta dei dati.
Il professore, a un certo punto, comprese che in questo modo non stava studiando l’abilità dei corvi di utilizzare strumenti per raggiungere del cibo, ma la capacità di un gruppo più piccolo di animali, i più coraggiosi, curiosi (o avventati), che si avvicinavano e interagivano con un oggetto che non avevano mai visto prima.
Era necessario modificare il protocollo dell’esperimento: agli uccelli vennero concessi uno-due giorni per abituarsi alla situazione, alle condizioni e all’ambiente in cui si trovavano, e così anche i più titubanti iniziarono a interagire con il tronco. Avevano solo bisogno di un po’ più di tempo.
Nel video è mostrato uno dei corvi dell’esperimento di Christian Rutz che piega lo stelo di una pianta a forma di uncino per recuperare il cibo nascosto in un foro realizzato in un piccolo tronco.
Nei test del gruppo di ricerca scozzese, come in quelli degli scienziati italiani che si sono occupati della musicalità nei cani, è emersa l’individualità degli esemplari coinvolti.
La diversità tra animali della stessa specie ha un peso nella scelta del campione da analizzare e un’influenza da considerare nei risultati raccolti.
Se Rutz e il suo gruppo di ricerca si fossero fermati ai risultati del primo esperimento, avrebbero tagliato fuori un numero di altri corvi che sembravano non riuscire a raggiungere l’obiettivo prefissato e che, invece, per una loro caratteristica individuale, avevano solamente bisogno di più tempo. Il campione scelto deve essere un sottogruppo rappresentativo della popolazione oggetto dello studio: l’insieme dei corvi più spavaldi non sarebbe stato rappresentativo dell’intera popolazione dei corvi della Nuova Caledonia.
Considerando ciò che era accaduto e a proposito di problemi di campionamento, il professor Rutz ricordò una pubblicazione scientifica di qualche anno prima in un ambito diverso: quello della psicologia umana.
Tra società umane WEIRD…
È il 2010 quando il biologo evoluzionista Joe Henrich sfida il presupposto, diffuso in quegli anni, secondo il quale il comportamento umano vari poco tra le diverse popolazioni che abitano il nostro pianeta. Fino a quel momento la stragrande maggioranza degli studi in psicologia e materie affini era basata su esperimenti condotti con partecipanti appartenenti a società WEIRD.
In italiano la parola inglese weird significa strano, ma nell’articolo di Henrich è l’acronimo di Western (occidentali), Educated (istruite), Industrialized (industrializzate), Rich (ricche) e Democratic (democratiche)1. La pubblicazione suggerì che, dati alla mano, i membri delle società WEIRD, compresi bambine e bambini, sono tra le popolazioni meno rappresentative per effettuare una generalizzazione sugli esseri umani. Avrai capito che trovare un campione rappresentativo, specialmente in discipline che riguardano gli esseri viventi, è complicato e può nascondere più di un’insidia.
Rutz pensò che se ricercatrici e ricercatori di psicologia e scienze cognitive avrebbero dovuto porre attenzione al pregiudizio WEIRD, etologi, biologi, ecologi e scienziati della conservazione dovevano considerare gli animali STRANGE nella scelta del campione da esaminare.
… e animali STRANGE
Esistono diversi fattori individuali che influenzano il comportamento degli animali e di cui è necessario tener conto negli esperimenti che li coinvolgono. Christian Rutz, proseguendo il gioco di parole sulla stranezza, ha raccolto queste caratteristiche nell’acronimo STRANGE:
S come Social background, contesto sociale, ossia lo status sociale dell'animale, la natura e frequenza delle sue interazioni sociali e il suo accesso, nel passato, ad esperienze di apprendimento sociale. Ad esempio, le gazze australiane hanno risposto meglio a test cognitivi quando esaminate in gruppi delle dimensioni di quelli presenti in natura;
T come Trappability and self-selection, intrappolabilità e autoselezione. Sono processi legati: esistono individui, con determinate caratteristiche, che mostrano una maggiore probabilità di essere intrappolati o partecipare spontaneamente a degli esperimenti. Oltre ai corvi della Nuova Caledonia più spavaldi, descritti prima, un altro caso è quello delle cinciallegre: le più veloci hanno maggiori probabilità di entrare in cassette con all’interno oggetti nuovi (una videocamera);
R come Rearing history, la storia dell’allevamento dell’individuo. Descrive le esperienze legate allo sviluppo dell’animale, ad esempio quanto è stato esposto a un ambiente stimolante o ad altri animali, umani e non. Queste sono attività che influenzano lo sviluppo cerebrale e, quindi, le prestazioni cognitive e motorie. Un esempio sono le femmine di moscerino della frutta che sono più aggressive se cresciute da sole;

A come Acclimation and habituation, acclimatazione e assuefazione. L'adattamento a nuove condizioni e l’assuefazione possono comportare cambiamenti comportamentali nel tempo, come per i pinguini di Magellano la cui assuefazione alla presenza umana ha ridotto i comportamenti di difesa;
N come Natural changes in responsiveness, cambiamenti naturali nella reattività che a volte seguono cicli giornalieri, stagionali, riproduttivi o la transizione da una fase del ciclo di vita a un’altra. Ciò si traduce in un’attenzione in più nella scelta del momento in cui sottoporre un animale a un esperimento, ad esempio le femmine di serpente giarrettiera, quando gravide, si sono mostrate meno attive e cercavano rifugio in luoghi diversi;
G come Genetic make-up, patrimonio genetico. Senza attingere a pubblicazioni scientifiche, basti pensare alla differente risposta a uno stesso stimolo di un cane pastore e un cane da caccia, i cui patrimoni genetici differiscono — sia pure di poco — e sono stati selezionati durante la domesticazione del cane per migliaia di anni;
E come Experience. L’esperienza dà la possibilità di imparare a livello individuale: se l’animale ha già partecipato ad altri test, avrà un approccio diverso rispetto a un esemplare che non è mai entrato in un laboratorio o non ha mai partecipato a un esperimento. Una storia simpatica è quella delle gazze che riconoscevano i singoli umani e si comportavano con loro in maniera differente.
Queste categorie costituiscono uno schema di controllo da applicare alla ricerca in etologia per valutare l’impatto delle caratteristiche individuali dei soggetti coinvolti nelle osservazioni, migliorando la qualità e la riproducibilità degli esperimenti.
Una migliore ricerca, meno animali coinvolti negli studi
In un articolo pubblicato su Knowable Magazine, lo stesso Rutz dichiara che potrebbe essere impossibile eliminare ogni pregiudizio nell’analisi di un gruppo di animali. Lui e Michael M. Webster (zoologo e coautore di un articolo dedicato allo schema STRANGE apparso su Nature nel 2020) vogliono, però, incoraggiare scienziate e scienziati a considerare i fattori STRANGE in ogni esperimento e a essere trasparenti su come potrebbero aver influenzato i loro risultati. Una ricerca progettata meglio può tradursi in meno animali da catturare, disturbare in natura, da testare in un laboratorio o in altri tipi di cattività, per giungere a delle conclusioni valide.
Ho scherzato un po’ usando come titolo di questa newsletter il capovolgimento di una celebre citazione tratta da La fattoria degli animali di George Orwell2. Un altro gioco di parole che, come quello tra WEIRD e STRANGE, vuole portare però un messaggio più profondo.
Ri-conoscere ogni animale che incrociamo nel nostro cammino, non solo come una parte — spesso anonima — di un grande insieme indistinto che può essere una comunità, una popolazione, una specie, ma come individuo con le sue caratteristiche uniche, il suo proprio modo di affrontare una situazione, la sua storia e le sue esperienze, non è unicamente una conquista per migliorare la ricerca scientifica.
È un passo in avanti nel nostro modo di percepire gli animali non umani e un’ulteriore spinta ad assicurare loro dignità e protezione.
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Qualcosa da…
… leggere
📰 L’articolo di Christian Rutz e Michael M. Webster sui fattori STRANGE pubblicato su Nature;
il mio articolo sugli effetti della musica nei cani pubblicato tra le pagine di Dogsportal;
ho intervistato tempo fa Christian Rutz sull’applicazione dell’intelligenza artificiale per comunicare con gli altri animali. Qui il link al pezzo sul Corriere della sera.
📚 Ricordo come la diversa personalità di alcuni primati emergesse nei racconti contenuti nel libro di Frans de Waal, L’ultimo abbraccio (Raffaello Cortina Editore, 2020). Se sei qui su Foglie sparse da un po’, sai che è un testo che consiglio spesso.
Per oggi è tutto. Buona giornata e alla prossima,
Alessia
Il fatto che le società WEIRD fossero al centro della ricerca scientifica dovrebbe farci riflettere. Per molto tempo lo sguardo bianco e occidentale è stato la lente attraverso la quale ci siamo approcciati ad ogni aspetto della società. A tal proposito vorrei suggerirti una lettura e un ascolto: la newsletter di
, (che è anche un libro), e il podcast, pubblicato su Aula di Scienze Zanichelli, HeLa – L’eredità infinita di Henrietta Lacks.La citazione originale è «Tutti gli animali sono uguali. Ma alcuni animali sono più uguali di altri».