La curiosità uccise il gatto (o forse no)
[Foglie sparse #104] Sapere o non sapere? Un dilemma per gli animali.
Buon domenica!
Scrollando post e reel sui social media ti sarà capitato di guardare alcuni video, registrati con le fototrappole, che mostravano animali selvatici intenti nell’ispezionare lo strano oggetto che li stava riprendendo a loro insaputa.
La curiosità negli animali ci diverte e ci attrae, forse perché ci permette di rivedere nelle altre specie qualcosa che ci appartiene. Basti pensare a frasi come “Curioso come una scimmia” o l’anglosassone “Curiosity killed the cat”, in italiano “La curiosità uccise il gatto”, per capire quanto questo interesse sia radicato in noi e declinato in diverse culture. Eppure si tratta di un aspetto del comportamento animale non così scontato come sembrerebbe e molto complesso da studiare e comprendere.
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Tra attrazione e paura per l’ignoto
La curiosità può essere definita come una spinta interna a cercare informazioni su qualcosa di sconosciuto.
La curiosità dà la possibilità di acquisire nuovi saperi, un vantaggio dal punto di vista biologico non privo, però, di costi. L’evoluzione non ha privilegiato la tendenza all’esplorazione in qualsiasi circostanza e gli animali si ritrovano a fare i conti tra l’attrazione e la paura dell’ignoto per assicurarsi la sopravvivenza. Esplorare può significare trovare nuove fonti di cibo o perfezionare nuove strategie di caccia, ma anche ritrovarsi faccia a faccia con un predatore o ingerire un frutto velenoso.
Il livello di curiosità può, quindi, essere differente da specie a specie e da individuo a individuo, sia per la storia evolutiva, sia per l’influenza delle esperienze vissute: ad esempio, un primate rinchiuso in un exhibit di uno zoo può essere più propenso ad avvicinarsi e sondare un nuovo oggetto rispetto a un individuo della stessa specie in natura, nel suo habitat, nel quale uno sguardo in più a qualcosa di nuovo potrebbe tradursi in uno spreco di tempo ed energie. Queste ultime sono risorse necessarie per altri compiti più proficui come la ricerca di cibo o di una/un partner, il riposo o la costruzione di relazioni in contesti sociali. In determinate situazioni, “non farsi gli affari propri” potrebbe significare, addirittura, rischiare la vita.
A tal proposito, non ti nascondo che ho pensato subito a quanto sia costato a Brandon Stark, uno dei protagonisti di Game of Thrones, spiare Cersei e Jaime Lannister (mi fermo qui per non fare troppo spoiler).
Le 5W della curiosità
Come ho accennato all’inizio, la curiosità consente agli animali di imparare. Cerchiamo di capire meglio come incoraggi l’apprendimento attraverso una struttura informativa che conosco bene: le 5W del giornalismo1 che, l’esperto in evoluzione del comportamento cognitivo e sociale Richard Byrne, professore della University of St Andrews, utilizza in una sua pubblicazione del 2013 su Current Biology.
Partiamo da uno degli esperimenti più noti legati all’apprendimento latente, che vede protagonisti dei ratti e un labirinto. I ricercatori inserivano in un labirinto dei ratti sazi, permettendo loro di esplorare liberamente lo spazio in cui era stato nascosto del formaggio. Dopo un po’ li facevano uscire e li reinserivano all’interno della struttura quando erano nuovamente affamati. A quel punto, i ratti andavano dritti verso il pezzetto di formaggio nascosto nel percorso. Ciò dimostrava che, anche se inizialmente non erano motivati dal cibo, durante la precedente esplorazione avevano comunque memorizzato dove si trovava. Erano stati curiosi, avevano osservato e immagazzinato l’informazione pur non avendone bisogno nell’immediato.
I ratti hanno ricordato cosa (what) e dove (where) si trovasse la leccornia. Secondo Richard Byrne questo è forse il "livello base" dell'apprendimento che deriva dalla curiosità.
Può essere aggiunto un elemento temporale (when): ad esempio, le ghiandaie non sono solo in grado di ricordare dove hanno nascosto del cibo, ma anche di operare valutazioni in base al tempo trascorso. Quando, durante un esperimento, studiose e studiosi hanno dato delle larve ad alcuni di questi uccelli, essi le hanno nascoste per gustarle in un altro momento, ma non si sono preoccupati nemmeno di aprire i nascondigli se era trascorso troppo tempo. Avevano riportato alla mente episodi passati per agire nel presente: hanno ricordato esperienze precedenti in cui avevano aperto i nascondigli dopo un certo lasso di tempo e notato che le larve erano marce.
Gli animali sociali possono essere curiosi riguardo altri individui (who). Gli elefanti “ficcano il naso” tra escrementi o urine durante la ricerca di cibo e utilizzano questi segnali olfattivi per tenere traccia della posizione dei membri della famiglia quando il gruppo si disperde.
C’è chi, come gli esseri umani, risponde con la propria curiosità anche al perché (why) e al come (how), ricercando le cause di ciò che osserva o indagando lo stato mentale degli altri2. Noi lo facciamo quando ci domandiamo "Perché Tizia sta parlando con Caio?" o "Come è stata fatta quella cosa e da chi?". Queste sono domande molto utili sempre in contesti sociali.
Ratti curiosi e non solo
Una recente review intitolata To know or not to know? Curiosity and the value of prospective information in animals (in italiano Conoscere o non conoscere? Curiosità e il valore dell'informazione anticipata negli animali), in cui compare tra gli autori Nicola Clayton, una importante studiosa di cognizione animale dell’Università di Cambridge, ha approfondito la storia dello studio della curiosità nelle altre specie, il suo valore evolutivo e le difficoltà di raccogliere dati scientifici a riguardo. La pubblicazione si concentra, soprattutto, sull’acquisizione da parte degli animali di informazioni che non sono utili nell’immediato e che, però, potrebbero servire in futuro.
Nei test adoperati per rilevare questo particolare comportamento, chiamati “compiti non strumentali”, gli esemplari coinvolti ritenuti “curiosi” preferiscono acquisire un’informazione che anticipa un esito futuro. I partecipanti preferiscono ricevere un indizio di ciò che accadrà piuttosto che rimanere nell'incertezza, questo nonostante l’opzione informativa li porti spesso a dover sacrificare le ricompense disponibili.3
Tra le specie che hanno preferito l’opzione informativa, ci sono — oltre agli esseri umani — le scimmie, i ratti, i topi, i piccioni e gli storni. Per quanto riguarda questi uccelli, alcuni dei dati raccolti dimostrano che prediligono l’informazione non strumentale anche quando è cinque volte meno remunerativa.
Alla base delle risposte ai compiti non strumentali c’è effettivamente la curiosità? Clayton e colleghi forniscono tre interpretazioni per rispondere a questa domanda, che non si escludono a vicenda e sono oggetto di un acceso dibattito nella comunità scientifica.
La prima è che l’informazione potrebbe essere essa stessa una ricompensa, un meccanismo molto simile a quello della curiosità umana (un po’ come in quella frase che recita che L'attesa del piacere è essa stessa il piacere). Un’altra possibilità vedrebbe la scelta dell’informazione non strumentale come frutto di un condizionamento secondario, cioè un comportamento che viene rinforzato da una ricompensa, anche se non immediata; una terza spiegazione è che le preferenze per le informazioni non strumentali, in laboratorio, rifletterebbero un’origine evolutiva, per cui le informazioni sulle ricompense future sono probabilmente utilizzabili e costituiscono un consistente vantaggio nell'ambiente naturale in cui gli animali esaminati si sono evoluti.
Per quest’ultimo caso, pensiamo ai ratti (Rattus norvegicus): come lo stesso Byrne aveva scritto su Current Biology, questi roditori hanno colonizzato il globo, adattandosi e sfruttando le abitudini umane. Si tratta di animali generalisti, non selettivi nella scelta di risorse, che si trovano a rispondere rapidamente agli ambienti che cambiano, quindi conviene loro essere curiosi, esplorare il mondo e costruire un modello mentale di cosa si trova, dove e di come arrivarci.
Se poi la curiosità ti fa trovare una slice di pizza newyorkese… 😋
C’è ancora molto da comprendere della curiosità negli animali e in futuro, forse, avremo più risposte per capire come si è evoluta. E no, non è affatto detto che la curiosità uccida il gatto: è un predatore solitario e si muove spesso in ambienti con pochi pericoli. Per lui, la maggior parte delle volte, ficcanasare potrebbe essere un’attività foriera di gradite sorprese 😉
Qualcosa da…
… leggere
📰 Gli articoli scientifici che ho citato in questa puntata:
👉 Animal curiosity di Richard Byrne pubblicato su Current Biology nel 2013;
👉 To know or not to know? Curiosity and the value of prospective information in animals pubblicato da Nicola Clayton e colleghi su Learning & Behavior.
Un articolo divulgativo di qualche tempo fa sull’argomento:
👉 Gli animali sono curiosi? scritto da Eleonora Degano su OggiScienza.
… guardare
👉 Una presentazione dal titolo What Can We Learn From Studying Curiosity in Animals? Insights from Primatology (in italiano Cosa possiamo imparare studiando la curiosità negli animali? Idee dalla primatologia) della biologa evoluzionista Sofia Forss. Non ti spaventare: è abbastanza comprensibile anche per chi non è esperta.
… ascoltare
🎧 C’era una band molto conosciuta negli anni Ottanta che si chiamava proprio Curiosity killed the cat. Ero troppo piccola per seguirla quando era famosa e, a dirla tutta, non suona il genere di musica che mi appassiona. Misfit, però, la salverei.
Ti auguro una buona giornata,
Alessia
𝘚𝘰𝘯𝘰 𝘈𝘭𝘦𝘴𝘴𝘪𝘢 𝘊𝘰𝘭𝘢𝘪𝘢𝘯𝘯𝘪, 𝘨𝘪𝘰𝘳𝘯𝘢𝘭𝘪𝘴𝘵𝘢 𝘦 𝘥𝘪𝘷𝘶𝘭𝘨𝘢𝘵𝘳𝘪𝘤𝘦 𝘴𝘤𝘪𝘦𝘯𝘵𝘪𝘧𝘪𝘤𝘢. 𝘚𝘤𝘳𝘪𝘷𝘰 𝘱𝘦𝘳 𝘊𝘰𝘳𝘳𝘪𝘦𝘳𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘚𝘦𝘳𝘢, 𝘐𝘭 𝘛𝘢𝘴𝘤𝘢𝘣𝘪𝘭𝘦, 𝘗𝘪𝘬𝘢𝘪𝘢 - 𝘐𝘭 𝘱𝘰𝘳𝘵𝘢𝘭𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭’𝘦𝘷𝘰𝘭𝘶𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦, 𝘈𝘶𝘭𝘢 𝘥𝘪 𝘚𝘤𝘪𝘦𝘯𝘻𝘦 𝘡𝘢𝘯𝘪𝘤𝘩𝘦𝘭𝘭𝘪, 𝘋𝘰𝘨𝘴𝘱𝘰𝘳𝘵𝘢𝘭 𝘦 𝘢𝘭𝘵𝘳𝘦 𝘵𝘦𝘴𝘵𝘢𝘵𝘦. 𝘘𝘶𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘤𝘩𝘦 𝘩𝘢𝘪 𝘭𝘦𝘵𝘵𝘰 è 𝘭𝘢 𝘮𝘪𝘢 𝘯𝘦𝘸𝘴𝘭𝘦𝘵𝘵𝘦𝘳, 𝘍𝘰𝘨𝘭𝘪𝘦 𝘴𝘱𝘢𝘳𝘴𝘦, 𝘪𝘯 𝘤𝘶𝘪 𝘳𝘢𝘤𝘤𝘰𝘯𝘵𝘰 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘦 𝘥𝘪 𝘢𝘯𝘪𝘮𝘢𝘭𝘪 𝘶𝘮𝘢𝘯𝘪 𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘶𝘮𝘢𝘯𝘪 𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭’𝘢𝘮𝘣𝘪𝘦𝘯𝘵𝘦 𝘪𝘯 𝘤𝘶𝘪 𝘷𝘪𝘷𝘰𝘯𝘰 𝘤𝘰𝘯 𝘶𝘯𝘢 𝘣𝘶𝘰𝘯𝘢 𝘥𝘰𝘴𝘦 𝘥𝘪 𝘴𝘤𝘪𝘦𝘯𝘻𝘢 𝘦 𝘶𝘯 𝘱𝘪𝘻𝘻𝘪𝘤𝘰 𝘥𝘪 𝘤𝘶𝘭𝘵𝘶𝘳𝘢 𝘱𝘰𝘱. 𝘈𝘳𝘳𝘪𝘷𝘢 𝘯𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘵𝘶𝘢 𝘤𝘢𝘴𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘥𝘪 𝘱𝘰𝘴𝘵𝘢 𝘦𝘭𝘦𝘵𝘵𝘳𝘰𝘯𝘪𝘤𝘢 𝘰𝘨𝘯𝘪 𝘥𝘶𝘦 𝘥𝘰𝘮𝘦𝘯𝘪𝘤𝘩𝘦. 𝘚𝘦 𝘵𝘪 è 𝘱𝘪𝘢𝘤𝘪𝘶𝘵𝘢, 𝘤𝘰𝘯𝘥𝘪𝘷𝘪𝘥𝘪𝘭𝘢!
La regola delle 5 W è considerata la regola principale dello stile giornalistico. In un articolo, per essere chiari e dare un’informazione completa, bisognerebbe sempre rispondere alle 5 domande che in inglese iniziano con la lettera W: Who? What? When? Where? Why?
Lo facciamo anche con la teoria della mente, di cui ti avevo parlato in questa puntata.
In realtà, la misura in cui la preferenza per l’informazione rifletta la curiosità negli animali rispetto ad altre motivazioni è piuttosto dibattuta.