Le vite dei ratti
[Foglie sparse #90] Cosa sappiamo delle emozioni e dell'intelligenza di questi roditori?
Buona domenica!
Spero tu abbia potuto godere di questo fine settimana lungo per riposarti e dedicarti a ciò che ami.
Una manciata di settimane fa, mentre scrollavo la mia pagina dei “Seguiti” su Twitter (sì, dai, chiamiamolo ancora così), sono stata colpita piacevolmente dalla copertina di Science.
La sezione speciale del volume 385 della rivista è un approfondimento sui ratti. Proprio loro: specie invasiva che danneggia riserve alimentari, coltivazioni fino ad arrivare a interi ecosistemi, un nemico invincibile per chi li vorrebbe debellare (a New York ne sanno qualcosa), considerata la loro efficienza riproduttiva e alta capacità di adattamento. I ratti, però, sono anche modelli preziosi nella ricerca scientifica e, ora che iniziamo a conoscerli un po’ meglio, sappiamo che posseggono abilità cognitive avanzate e vite emotive. Su questo aspetto si concentra la review1 presente nello speciale di cui mi piacerebbe scriverti oggi.
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Ratti e sperimentazione
Il ratto norvegese domestico (Rattus norvegicus), il ratto da compagnia (sì, proprio così, da compagnia), è il più utilizzato tra gli organismi modello nella ricerca scientifica. Qui un po’ di numeri per darti un’idea più precisa: nel 2022, nell’Unione europea, quella dei ratti è stata la categoria di animali più utilizzata nella sperimentazione dopo i topi e i pesci, con 625.800 esemplari impiegati.
Cosa si intende per organismo modello? Un organismo modello è una specie non umana che viene studiata — per lo più in laboratorio — per comprendere determinati fenomeni biologici, questo perché le sue caratteristiche genetiche, fisiologiche e anche comportamentali sono già note. Una particolare specie può fornire informazioni utili sulle altre, poiché tutti gli animali hanno un’origine comune e possono condividere alcune caratteristiche e processi di funzionamento. Infatti, i ratti sono vicini a noi umani per morfologia, fisiologia, geni e per le complesse capacità di apprendimento.
Uno dei rami della sperimentazione più conosciuti per l’utilizzo di questi animali è lo studio dell’ansia e della depressione umane. In questi casi, sono analizzate le emozioni negative. Sì, perché anche tra animali non umani esistono le emozioni.
Dalla black box allo studio delle emozioni negli animali
Come raccontato nella review pubblicata su Science, The complex affective and cognitive capacities of rats, c’è stato un tempo in cui l’interesse della comunità scientifica nei confronti delle emozioni negli animali era più che scoraggiato. Fino alla metà del Novecento, la scuola dominante era quella comportamentista, detta anche behaviorista, secondo la quale la psicologia doveva essere studiata solo in base alle manifestazioni esterne, il comportamento appunto, perché ciò che accadeva nella mente degli umani e degli altri animali non poteva essere conosciuto e verificato. La mente era ritenuta una black box, una scatola nera il cui contenuto andava oltre la portata e l’interesse scientifico. Era possibile solo analizzare la risposta a un determinato stimolo. Inoltre, si evitava di attribuire stati mentali agli animali per non cadere nel tranello dell’antropomorfismo di cui ti ho spesso parlato in queste nostre email del fine settimana, quel nostro conferire caratteristiche tipicamente umane ad altre specie.
Decenni di ricerche si sono avvicendati e le conoscenze scientifiche, insieme al progresso tecnologico, ci hanno permesso di superare la visione del comportamentismo — che comunque aveva fatto anche cose buone 😜, come gli studi sul condizionamento — e iniziare a decifrare i processi mentali di animali umani e non umani.
Ma cos’è un’emozione? La definizione dell’etologo e divulgatore Frans De Waal è questa:
Un'emozione è uno stato temporaneo provocato da stimoli esterni biologicamente rilevanti, siano essi avversi o attrattivi. L'emozione è caratterizzata da cambiamenti specifici nel corpo e nella mente-cervello, negli ormoni, muscoli, visceri, cuore, eccetera, dell’organismo. Quale emozione venga attivata è spesso prevedibile in base alla situazione in cui si trova l'organismo e può essere ulteriormente dedotta dai cambiamenti comportamentali e dai segnali di comunicazione evoluti. Tuttavia, non esiste una relazione uno a uno tra un'emozione e il comportamento che ne deriva. Le emozioni si combinano con l'esperienza individuale e la valutazione cognitiva della situazione per preparare l'organismo a una risposta ottimale.
Se sono in un bosco e scorgo tra le foglie un serpente, il mio battito inizia ad accelerare e i muscoli si tendono, la paura mi prepara a fuggire da un’esperienza negativa, da un possibile pericolo.
In realtà, esistono numerose definizioni di emozioni e spiegare quale sia la loro funzione risulta più semplice e univoco: le emozioni forniscono un meccanismo efficiente per organizzare il comportamento, conducono gli animali nella scelta di evitare o approcciarsi a uno stimolo e li inducono verso il perseguimento delle loro motivazioni. Le emozioni rivestono anche un ruolo sociale importantissimo: comunicano il proprio stato interno agli altri, promuovono attaccamento o aggressività e guidano le interazioni sociali.
Quali sono le emozioni osservate nei ratti e le loro capacità cognitive? Cosa abbiamo compreso delle loro vite sociali e affettive?
Ratti che aiutano gli altri e sanno ridere
Le vite dei ratti non sono governate solo da paura, ansia e dolore, le emozioni più studiate su questi organismi modello. In anni di ricerca sono emerse prove della capacità di provare emozioni positive e di mostrare complesse abilità cognitive.

Come esprimono le proprie emozioni i ratti? Lo fanno attraverso le vocalizzazioni, la postura, le espressioni facciali, secrezioni olfattive e altri tipi di risposte come la secrezione di ormoni o la variazione del battito cardiaco. Tutto questo viene osservato e misurato da scienziate e scienziati durante esperimenti appositamente disegnati per esaminare questi roditori e quella che potremmo definire la loro vita interiore.
Le emozioni descritte nelle ricerche possono essere negative come la paura, o come il rimorso provato dopo aver fatto una scelta sbagliata, rinunciando a una ricompensa dal sapore preferito per una meno attraente.
Ci sono sempre più prove della presenza di emozioni positive come giocosità, resilienza, tenacia, audacia e ottimismo, e sono state osservate emozioni legate alla socialità, essendo i ratti animali altamente sociali che necessitano di interazioni con i propri simili per stare bene. Sono soliti stare insieme, gli uni accanto agli altri, fare grooming2 tra loro e giocare. Ostacolare questi comportamenti può minacciare pesantemente il loro benessere.
I ratti aiutano altri ratti in difficoltà. Ad esempio, in alcuni esperimenti, hanno evitato l’area da loro preferita quando, posizionandosi lì, un altro ratto avrebbe subito uno shock; o ancora, in altri casi, hanno preferito condizioni in cui fosse possibile ricevere cibo insieme a un conspecifico invece che ottenerlo solo per sé.
Questi roditori si consolano tra loro: dopo un conflitto, un individuo strettamente affiliato si avvicina allo sconfitto e gli offre contatto.
Non dimentichiamoci che mostrano capacità cognitive complesse: ci sono indizi della comprensione delle regole, della causalità e dell’utilizzo di strumenti da parte loro. Sono in grado di acquisire o ottimizzare un comportamento assistendo a un’esperienza simile o rilevante in un altro ratto, in altre parole imparano guardando un altro individuo che si impegna nella stessa attività.
E ridono: quando viene fatto loro il solletico emettono delle particolari vocalizzazioni che potrebbero essere considerate l’omologo del nostro riso.
The unsung hero, l’eroe sconosciuto
Nello spazio di questa newsletter ho cercato di darti uno sguardo d’insieme sulle emozioni e l’intelligenza dei ratti di cui parla la review pubblicata su Science. Le conclusioni del testo evidenziano come siano necessari ulteriori studi, condotti anche in ambiente naturale, per andare ancora più a fondo nella conoscenza di questi animali, tanto sfruttati nella sperimentazione e forse troppo ignorati rispetto ad altre specie utilizzate nella ricerca (mi riferisco a cani e primati).
Essere entrati nelle vite dei ratti ci pone davanti a considerazioni etiche che non possiamo più ignorare. Assicurarci il loro benessere e il rispetto della loro esistenza è un dovere a cui non possiamo e non dobbiamo sottrarci: recentemente sembra che si sia posta un’attenzione maggiore, grazie a standard più elevati, nell’allestimento degli spazi in cui vivono, che devono avere dimensioni adeguate e prevedere arricchimenti per preservare la loro salute psicologica e non solo fisica. Speriamo che i progressi investano anche questo aspetto della ricerca.
I ratti sono stati la nostra via per la comprensione della fisiologia e di numerose malattie. Sono stati fondamentali per scoperte nei più disparati ambiti della ricerca biomedica, dal cancro alle patologie cardiovascolari, autoimmuni e psichiatriche, dai trapianti allo sviluppo di farmaci. Come conclude l’autrice della pubblicazione, la neurobiologa Inbal Ben-Ami Bartal:
Eroe nascosto delle scoperte scientifiche, il ratto è un animale complesso. Questo solleva una domanda: nonostante i ratti stiano indubbiamente facendo tanto per l’umanità, noi stiamo facendo abbastanza per loro?
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Qualcosa da…
… leggere
📰 La review pubblicata su Science dalla neurobiologa Inbal Ben-Ami Bartal.
Le scienze umane e sociali contribuiscono a promuovere le “culture della cura” relative alla scienza e al benessere degli animali da laboratorio. Un altro approfondimento dello speciale di Science.
📚 Qualcosa di più divulgativo che, però, riguarda il riso nei ratti (e negli altri animali): è il libro di Fausto Caruana, neuroscienziato, ed Elisabetta Palagi, etologa, e si intitola Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale (il Mulino, 2024). Puoi leggere la mia recensione su Pikaia - Il portale dell’evoluzione.
… ascoltare
🎧 L’intervista a Inbal Ben-Ami Bartal sui temi trattati nella review nel podcast di Science (parte dal minuto 14:19).
… supportare
🐀 Si chiama rehoming ed è la possibilità di reintrodurre gli animali impiegati a fini scientifici in un habitat naturale. Per alcuni animali, nati e vissuti in stabulario, si traduce in un’adozione da parte di associazioni o privati, presso i quali possano condurre una vita domestica. In Italia si occupa di questo l’associazione La collina dei conigli (ne avevo intervistato il presidente qualche anno fa). Volontarie e volontari si impegnano per dare una seconda possibilità ad animali che sono stati in passato utilizzati nella sperimentazione. Tra loro ci sono anche i ratti. Se vuoi dare una mano, puoi contribuire con una donazione oppure adottare uno dei loro ospiti.
Ti auguro una buona giornata.
Alla prossima!
Alessia
Come avevo scritto nella precedente newsletter, le review sono compendi su un argomento, di solito piuttosto specifico, che mettono insieme dati e conoscenze contenute in articoli scientifici ritenuti affidabili.
Da Treccani: il grooming è, in etologia, il comportamento di pulizia del mantello o della pelle esibito da molti mammiferi, il quale, quando sia svolto reciprocamente (allogrooming, contrapposto all’autogrooming), assume anche un significato di consolidamento dei legami e riaffermazione delle gerarchie tra i membri di un gruppo sociale.